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Care amiche e cari amici, ancora buona Domenica! Siamo tornati quasi nella situazione di un anno fa (lockdown totale) ma speriamo sia per l’ultima volta per poi cominciare a uscire dalla pandemia, grazie ai vaccini (ma occorre fare presto!) e alla bella stagione. Oggi vi invito a ricordare la storia della nostra città, in particolare l’anno straordinario in cui fu “capitale” e scenario di eventi eccezionali, con l’auspicio che questa storia possa trovare adeguata memoria:

Nel corso del secolo XV°, Cesena fu dilaniata da furiose lotte fra le famiglie più potenti, soprattutto tra le fazioni dei Marinelli e dei Tiberti. Una delle vicende più tragiche di questa guerra intestina furono i cosiddetti “Vespri Cesenati“: la sera della domenica 14 luglio 1495 i Tiberti (la loro casa-torre è diventata Palazzo Locatelli) sorpresero i Martinelli riuniti nella Chiesa di San Francesco (non più esistente, tranne una parte dell’abside prospiciente Piazza Bufalini che ne ha preso il posto) e compirono una strage.

Le lotte interne alla città continuarono fino a quando la pace venne imposta da Cesare Borgia che occupò Cesena nel 1500 e la governò con pugno di ferro, tramite il suo luogotenente Ramiro de Lorca.

La nostra città si trovò ad essere la capitale di un Ducato in divenire, un progetto che avrebbe potuto modificare la storia d’Italia evitando, forse, che la penisola diventasse terra di conquista per gli eserciti francesi e spagnoli.

Soprattutto il 1502 fu un “anno mirabile” in quanto Cesena fu teatro di eventi eccezionali e vide, entro le sue mura, personaggi straordinari: il Duca Cesare Borgia, la sorella Lucrezia, Niccolò Machiavelli e Leonardo da Vinci, accompagnato nelle ricognizioni cesenati da un altro personaggio fuori del comune, Francesco Arcano, ingegnere ed esperto nella creazione della polvere da sparo, tanto da essere poi chiamato alla corte di Enrico VIII d’Inghilterra.

Francesco Arcano in un dipinto di Girolamo Genga (Milano, pinacoteca di Brera)

La figura dell’Arcano indica che a Cesena erano presenti una moderna tecnologia bellica oltre allo zolfo necessario per fabbricare la polvere pirica.Inoltre dalla città non erano lontane le saline di Cervia e il sale era una sostanza a quei tempi di grande valore e vitale importanza. Insomma, nei secoli XV° e XVI° Cesena era una città all’avanguardia in settori strategici dell’economia, della scienza e dell’arte. Per tutte queste ragioni, oltre che per la possente Rocca e la posizione favorevole nella pianura e tra le colline e il mare, il Borgia scelse Cesena come capitale dello stato che stava costruendo con l’appoggio del padre, papa Alessandro VI. Quell’anno mirabile si aprì con l’arrivo a Cesena di Lucrezia diretta a Ferrara per raggiungere il marito duca Alfonso d’Este, sposato poco tempo prima per procura.Nel Caos del cronista cesenate Giuliano Fantaguzzi si legge che Lucrezia arrivò in città il giorno 29 gennaio 1502, in un’ampia lettiga trainata da enormi cavalli, accompagnata da nobildonne e cavalieri.

 

 

Ramiro de Lorca, che governava Cesena per conto di Cesare, preparò un’accoglienza regale, mandandole incontro 100 bambini vestiti con i colori dei Borgia e con rami d’ulivo, al grido di “Duca! Duca!”. Fantaguzzi aggiunge poi che Ramiro “homo iniquo, falso e maleditto” fece “certe cose contro a l’onore de madonna Lucrezia” senza ulteriori precisazioni.

Per Lucrezia fu l’ultimo episodio della precedente vita fatta di intrighi, peccati e corruzione e Cesena non fu solo una sosta in quel viaggio così importante ma costituì quasi uno spartiacque nella sua turbolenta esistenza. Aveva appena 22 anni e aveva già avuto due matrimoni, vari amanti, figli e aborti.

I nemici di casa Borgia andavano dicendo che del fratello Cesare non era stata solo sorella e che il papa Alessandro VI non era stato per lei solo padre. Sta di fatto che a Ferrara, una delle corti più splendide del Rinascimento, si comportò in modo saggio e morigerato, tanto da far dimenticare il passato tumultuoso. La bellezza e l’intelligenza di Lucrezia vennero celebrate da scrittori come Bembo e Ariosto.

Negli ultimi anni si dedicò ad opere di carità, tra cui la fondazione del Monte di Pietà. Morì a soli 39 anni. Un segno del suo passaggio a Cesena forse resta sul davanzale di una finestra della Biblioteca Malatestiana dove sono incise, in elegante corsivo antico, nove lettere (Lucrezia B) che fanno supporre si tratti dell’autografo di Lucrezia.

Alla fine di quello stesso anno 1502, il Duca Valentino fece arrestare Ramiro de Lorca con l’accusa di tradimento e corruzione e lo fece tagliare a pezzi, esponendo il corpo, con un coltellaccio insanguinato accanto, sull’attuale piazza del Popolo, la mattina del giorno di Santo Stefano del 1502.  Il cadavere così mutilato venne poi sepolto in luogo ignoto o forse disperso, in segno di estremo spregio.

Forse anche l’oltraggio fatto a Lucrezia non fu estraneo alla tragica fine di Ramirro.

In quegli ultimi giorni dell’anno probabilmente si trovava a Cesena, per conto della Repubblica di Firenze,  anche Niccolò Machiavelli che nel “Principe” descrive quel crimine con la precisione di un testimone oculare e ne fa un esempio dell’astuzia del Duca che aveva saputo conquistare il consenso dei cittadini di Cesena, grati per l’eliminazione dell’odiato Ramiro.  Altro evento straordinario di quell’anno eccezionale fu la permanenza a Cesena di Leonardo da Vinci.

 

 

Arrivò probabilmente la sera del 9 agosto 1502, poichè il giorno prima era a Rimini e il 10 agosto, festa di San Lorenzo, sul suo taccuino annotava di essere a Cesena e disegnava un congegno meccanico.  Il taccuino era un piccolo libro da tasca (cm. 10,9 x 7,2) di 94 fogli, noto nel corpus dei manoscritti leonardeschi come codice L, ora conservato presso la Biblioteca dell’Institut de France di Parigi.  La scrittura è quella tipica di Leonardo, da destra a sinistra e sullo stesso foglio troviamo più disegni e, talvolta, il taccuino viene usato a rovescio. L’apparente caos di una mente geniale.

A Cesena rimase poco meno di un mese in quanto il 6 settembre era a Cesenatico, a studiare come evitare l’insabbiamento del porto canale e, poi, a Faenza e Imola.

Era venuto nella nostra città su incarico di Cesare Borgia che l’aveva nominato “architetto e ingegnere generale” con il compito di studiare e dare suggerimenti su come rafforzare le fortificazioni. Il Borgia aveva intenzione di ampliare e abbellire la sua capitale e pensava persino a collegarla al mare con un canale ma, prima di tutto, occorreva rendere la città inespugnabile. Tra ‘400 e ‘500 la tecnica militare era profondamente cambiata: chi decideva la vittoria non era più il valore dei soldati che combattevano a piedi o a cavallo ma, soprattutto, la potenza delle artiglierie, per fronteggiare le quali non servivano le vecchie mura medievali, alte e strette, che erano anzi pericolose perchè potevano crollare sui difensori.

Serviva un’altra tipologia di fortificazioni, più basse e solide per meglio sostenere l’urto delle palle di cannone e con adeguate postazioni per le artiglierie di difesa.

In questo contesto di trasformazione si colloca la missione di Leonardo a Cesena.

La più significativa traccia del suo lavoro è lo straordinario rilievo delle mura, riportato ai fogli 9 e 10 del taccuino in cui troviamo misurazioni di incredibile esattezza.

Ma l’insaziabile curiosità di Leonardo lo portò a fissare sui fogli del taccuino i più svariati soggetti visti nel periodo cesenate: particolari della Rocca, le anse di un fiume (forse il Savio a Martorano che tendeva ad esondare provocando danni ingenti), il telaio di una finestra, l’efficace metodo per appendere l’uva o la forma di un carro. Il sogno di gloria di Cesare Borgia svanì a causa dell’improvvisa morte del padre e dell’elezione a papa di quel Giulio II° a lui fortemente avverso.

Il Duca dovette riparare in Francia e poi in Spagna, dove morì, il 12 marzo 1507, a soli 32 anni, mentre guidava le truppe del re di Navarra nell’assedio della città di Viana (piccola cittadina della Navarra) dove rimane la tomba e un monumento che lo ricorda.

E a Cesena, di tutta questa storia e di questi personaggi straordinari che per qualche tempo l’hanno resa una capitale… cosa rimane?

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