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Buona domenica 6 dicembre 2020, care amiche e cari amici! Oggi Vi presento la più importante pittrice cesenate: Il 14 novembre 1988, si spegneva a Rio de Janeiro, all’età di 85 anni, Caterina Baratelli, la più importante pittrice nata a Cesena anche se la sua piena affermazione artistica si realizzò lontano dalla città natale, in Brasile appunto (nella foto la vediamo all’opera nel suo studio di Ipanema).

 

A Cesena, nelle Collezioni Comunali d’Arte (in parte nella Casa Museo Renato Serra, in parte dislocate in uffici e depositi), sono presenti numerose sue opere grazie alla donazione di dieci tele fatta dal sig. Adelmo Calderoni nel 2005 e, soprattutto, a seguito del lascito, espressamente voluto dalla stessa Baratelli, di sessanta dipinti portati dal compagno di vita Alexander Janech insieme alla sua salma affinchè venisse sepolta nella cappella di famiglia del Cimitero Urbano.

Questo consistente lascito dimostra il legame che Caterina mantenne con la propria città natale per la quale dovette nutrire un affetto profondo ma anche considerare un ambiente ristretto da cui evadere per realizzare le proprie aspirazioni.

Caterina Baratelli (Rinacome spesso amava firmarsi nelle lettere e sulle tele), era nata a Cesena il 20 luglio 1903, in via Chiaramonti 44 (ora 75), nel palazzo della famiglia, ricca e di nobili origini.

Fin da govanissima aveva messo in evidenza una personalità forte e libera e un carattere determinato nel raggiungere i propri obiettivi, a dispetto di ogni resistenza che poteva venire da un ambiente poco disposto a riconoscere l’indipendenza femminile e la passione per l’arte. Caterina era bella e, secondo le testimonianze dei famigliari, fu sempre orgogliosa del suo aspetto fisico e attenta al decoro e all’eleganza della persona.

In una piccola tela a Casa Serra possiamo vedere, sotto un elegante cappellino rosso, il suo volto grazioso, di un ovale perfetto, leggermente piegato in una posa accattivante, i capelli biondi (nella realtà tendevano al rosso), gli occhi espressivi, la bella bocca a forma di cuore delineata dal rossetto che fa da pendant al cappellino.

Ebbe per la pittura una passione precoce. La prima opera giunta fino a noi è un grazioso dipinto di piccole dimensioni (di proprietà della famiglia Baratelli) che ritrae barche di pescatori dalle tipiche vele colorate con colori gialli e ocra, probabilmente ritratte nel porto canale di Cervia o di Cesenatico.

Il dipinto è firmato e datato Rina 1917, quindi realizzato tra i tredici ed i quattordici anni e mostra già buona padronanza della tecnica, della composizione, degli accostamenti di colore.

Le sue potenzialità artistiche furono intuite dal poliedrico artista milanese Giuseppe Palanti (inventore del progetto urbanistico di Milano Marittima come città giardino) conosciuto durante i mesi estivi in cui la famiglia Baratelli si trasferiva in vacanza a Cervia. Palanti, titolare della cattedra di Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Brera, sollecitò Caterina ad intraprendere lo studio della pittura a Milano offrendosi di farle da maestro. Presumibilmente fu colpito non solo dalle sue doti artistiche ma anche dalla non comune bellezza tant’è che la ritrasse avvolta da uno splendido vestito turchese in una delle sue tele più apprezzate.

Il soggiorno in una grande città lontana per dedicarsi all’arte non era semplice per una ragazza così giovane ma Caterina fece di tutto per superare le resistenze della famiglia. La sua scelta suscitò pettegolezzi nella provinciale Cesena e critiche ai suoi comportamenti circolarono anche quando, terminata l’esperienza milanese, tornò nella sua città.

A Cesena Caterina entrò in contatto con alcuni dei principali artisti operanti in città: Giannetto Malmerendi, Giordano Severi, Mario Morigi. Con Cesena dovette avere un complesso rapporto di amore e insofferenza e, forse, anche questo la portò a sposare Giuseppe Catanzaro, un colonnello dell’Esercito di origine siciliana di cui seguì gli spostamenti in varie città d’Italia, in particolare Roma e Palermo (il ritratto è nelle Collezioni Comunali).

Non fu un matrimonio felice: il marito dissipò il patrimonio della moglie al tavolo da gioco e in relazioni con altre donne. Caterina volle il divorzio, altra decisione non frequente in quegli anni, soprattutto per iniziativa della donna e nel 1938 ritornò a Cesena.

Agli anni duri della guerra seguirono la Liberazione di Cesena e l’incontro con Alexander Janech, un ufficiale polacco con il quale Caterina iniziò un’amicizia trasformatasi poi in una relazione destinata a durare per il resto della loro esistenza. Anche di Alexander abbiamo il ritratto conservato a Casa Serra: su uno sfondo omogeneo in cui l’unico elemento individuabile è la sezione di una finestra, il giovane uomo è seduto con le maniche della camicia arrotolate, la cravatta e la pipa che, a dire dei famigliari, erano suoi tratti distintivi.

Come in tutti i ritratti della Baratelli, l’impostazione è classica, l’immagine è al centro del quadro, vista di fronte e si staglia su un fondo pressochè indistinto, una pittura tutto sommato tradizionale, sobria e, tuttavia, efficace nell’esprimere la personalità del soggetto ritratto. Alla fine della guerra Alexander tornò in Polonia ma presto emigrò in Brasile per evitare la repressione sovietica.

Nel 1946 anche Caterina si trasferì a Rio de Janeiro, probabilmente per ritrovare Alexander ma anche per cercare informazioni sulla morte del fratello Giuseppe, pilota di una compagnia aerea civile, caduto in mare con il suo aereo lungo la linea Roma – Rio de Janeiro in circostanze mai del tutto chiarite. Un’altra forte motivazione dovette essere quella di uscire dal ristretto ambiente cesenate e vivere in una dimensione più grande e libera, favorevole al dispiegamento della sua arte.

Si trattava di iniziare una nuova vita in un continente lontano, di affrontare l’ignoto lasciando le comodità della vita in famiglia ma per lei affrontare nuove sfide, mettere alla prova le proprie capacità e vivere la propria libertà erano il sale dell’esistenza. La sua vocazione artistica potè, dunque, affermarsi in virtù della forte personalità che sapeva superare difficoltà e condizionamenti.

La Baratelli visse nel periodo in cui le donne iniziavano a lottare per ottenere gli stessi diritti degli uomini: il voto, dignità sociale e civile.

Lungi dall’essere una “suffragetta”, dimensione lontana dalla sua indole elitaria e individualista, condusse la battaglia per la propria emancipazione in modo assolutamente personale, combattendo limitazioni e pregiudizi.

Tuttavia il suo spirito aperto e anticonformista la portò ad essere amica di un’altra cesenate d’eccezione, una maestra di idee anarchiche, fortemente antifascista e impegnata nelle battaglie sociali e politiche: Emma Neri, nata a Cesena, nel 1897, in una famiglia di orientamento socialista che la aiutò a inserirsi nell’ambiente di Rio.

Caterina presto ottenne un considerevole successo ed ebbe anche il ruolo importante di maestra di una schiera di artisti più giovani destinati ad emergere nel panorama della pittura brasiliana.

Nonostante il successo in Brasile, per Caterina non venne mai meno il legame con Cesena dove mantenne la consuetudine di tornare periodicamente.

Dai ricordi dei famigliari e di chi a Cesena l’ha conosciuta emerge la figura di una donna singolare, altera, egocentrica, non sempre facile nelle relazioni ma anche capace di slanci generosi, di forti sentimenti, certamente una personalità fuori del comune. La sua produzione presenta sostanzialmente tre tipologie di soggetti: ritratti, vasi di fiori e nature morte.

Alcune tele sono firmate con lo strano pseudonimo di Martins.

Tra i ritratti troviamo anche immagini di bambini e bambine caratterizzate da un senso di introversa inquietudine che, forse, rispecchiava la personalità della pittrice.

Altro soggetto prediletto furono i fiori in cui doveva trovare riflessa la bellezza che amava, i colori e la freschezza della vita e, al tempo stesso, il senso di caducità a cui tentava di resistere e che, forse, dipingendo esorcizzava.

Anche in queste tele la sobrietà della composizione non impedisce il trapelare di emozioni, l’accenno velato ad un messaggio più complesso che emerge ancor di più quando ai fiori s’accompagnano altri oggetti, spesso appartenenti alla toeletta femminile.

E’ il caso del “Vaso con calle e vasetto da cipria“ che, rappresentando la bellezza dei fiori, vuole forse alludere a quella della donna e, al tempo stesso, esprimerne la fugacità oppure la tela con “Fiori sotto una campana di vetro e piccolo specchio“ che suggerisce l’immagine della prigione in cui può essere costretta la bellezza.

L’atmosfera vagamente misteriosa si accentua nelle nature morte in cui compaiono oggetti evocativi e simbolici come le melagrane.

Altre tele suggeriscono una più severa riflessione sulla fragilità umana come “Vanitas“ in cui uno scheletro, fiori appassiti in un vaso, un calice vuoto e una collana di coralli su uno sfondo cupo ci comunicano il senso della fugacità dell’esistenza e della bellezza.

Un messaggio inquietante troviamo nell’“Interno metafisico“ dove parti staccate di un manichino che raffigura un corpo femminile sono affiancate da una corona di fiori e da una mascherina nera.

Trasmettono un senso di dolorosa malinconia anche le tele in cui vediamo pupi siciliani abbandonati contro un muro (un ricordo del marito e della Sicilia o una metafora della mediocrità dell’uomo “pupo”, in singolare sintonia con il teatro pirandelliano?).

In altre compaiono conchiglie, evocatrici dell’affascinante grandiosità del mare come nella tela che raffigura “Conchiglie, libri, penna, mare“ in cui troviamo in primo piano alcuni libri, un calamaio con penna, due conchiglie e, sullo sfondo, il mare in cui si staglia un’isola lontana forse l’immagine di un “altrove” che si sogna più attraente della realtà quotidiana.

La tela più ampia conservata nelle Collezioni Comunali rappresenta un tema poco presente nella produzione della Baratelli, un nudo di “Donna sdraiata“, probabilmente nel momento del risveglio, con accanto uno specchio, ambiguo simbolo di bellezza e vanità.

Se pensiamo alle rivoluzionarie novità della pittura del ‘900, le scelte stilistiche della Baratelli furono meno trasgressive della sua vita e appaiono ancora legate alla tradizione.

Eppure la sua pittura è ricca di implicazioni psicologiche e di rimandi evocativi che nascono dall’affascinante personalità di questa artista singolare che seppe raggiungere, con determinazione, una propria cifra espressiva originale, capace di comunicare emozioni.

Un suo ritratto di donna (segnato di rosso) è stato recentemente scelto dal Sindaco nella sua pagina F.B. in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne.

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1 Commento

  1. Pina Bastos 14 Giugno 2021

    J’ai été son élève et je l’adorais.

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