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Ebrei a Cesena, una presenza importante

Buona domenica care amiche e cari amici! Sono lieto di comunicare che i post di questa Rassegna, a partire dai primi, saranno ospitati e conservati in uno spazio dedicato nel blog “Cesena di una volta” (che ringrazio di cuore), molto bello e ricco di testi e immagini sulla nostra città. Oggi probabilmente molti di voi passeranno fuori casa la giornata festiva, dopo il lungo periodo di “chiusura”. Per chi vorrà seguirmi, presento alcune vicende tragiche che non dobbiamo dimenticare affinché non si ripetano simili atrocità:

Ho già accennato (nel’articolo dedicato all’assassinio del conte Neri) alla tesi sostenuta dallo scrittore ed esperto d’arte Romano Pieri nel libro “Cézanne Genio cesenate” (Società Editrice “Il Ponte Vecchio”, Cesena 2005) sull’origine cesenate di Luigi Augusto Cesena, padre del  pittore Paul Cézanne, trasferitosi dalla nostra città ad Aix-en-Provence intorno al 1830 dove, da commerciante di cappelli, divenne bancario e raggiunse una discreta agiatezza economica.

Una vicenda che meriterebbe di essere valorizzata…

Altre storie sulla secolare presenza (quanto meno dalla fine del 1300) degli Ebrei a Cesena ci racconta la lapide posta su una parete del Palazzo del Ridotto che ricorda quanti di loro vennero deportati e uccisi nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Proprio di fronte al Palazzo del Ridotto, dove ora è la Chiesa del Suffragio, sorgeva la sinagoga.

Nel 1475 nacque a Cesena Ovadia Sforno, medico, filosofo ed esegeta biblico, uno degli intellettuali ebrei più importanti del suo tempo.

Ovadia Sforno

Il primo nome che troviamo nella lapide è quello di Franco Cesana, non nato a Cesena ma il cui cognome rimanda alla nostra città, che è considerato il più giovane partigiano caduto in combattimento e una delle figure che meglio testimoniano il contributo offerto dagli Ebrei italiani alla Resistenza.

Franco Cesana

Nato il 20 settembre 1931 a Mantova, poi trasferitosi con la famiglia a Bologna, divenne partigiano sugli Appennini e non aveva ancora compiuto 13 anni quando rimase ucciso nel corso di un rastrellamento tedesco, nel settembre del ’44.

Nella lapide vengono poi elencati gli Ebrei residenti nel nostro territorio, uccisi in seguito alla leggi razziali.

I coniugi Brumer, Bernard ed Elena Rosenbaum, abitavano a Cesenatico. Vennero arrestati il 9 agosto 1944 a San Vittore, nella casa del seminarista Adamo Carloni dove erano riparati, trasferiti al carcere giudiziario di Forlì e, dopo circa un mese, prelevati in due momenti diversi (5 e 17 settembre) e uccisi nelle stragi dell’aeroporto di Forlì.

Bernhard Brumer

Le sorelle Diana e Dina Jacchia e le quattro sorelle Forti (Anna, Elda, Lina e Lucia), queste ultime sfollate da Bologna a Cesena, vennero caricate  sul treno n. 6 del 30 gennaio 1944 con destinazione Aushwitz.

La casa delle sorelle Jacchia in corso Comandini

 

Documento di confisca della casa delle sorelle Jacchia

 

Nessuna di loro sopravvisse al lager.

Su quel treno fu deportata anche l’attuale senatrice Liliana Segre.

Mario Saralvo, la moglie Amalia e il figlio Giorgio abitavano una grande casa (abitazione e negozio) all’attuale numero 32 di Piazza del Popolo e gestivano una importante merceria.

Era una famiglia benestante, che aderiva al fascismo e non volle prendere in considerazione il suggerimento di scappare da Cesena.

Si sentivano al sicuro e,invece, vennero prelevati alla fine del 1943 e trasferiti prima a Forlì, poi al campo di concentramento di Fossoli.

La madre di Amalia, per le sue condizioni di salute, non venne fatta partire con loro ma portata via dai fascisti qualche tempo dopo e finita non si sa come. I Saralvo vennero fatti salire, il 16 maggio 1944, sul treno n. 10 che arrivò solo il 23, sette giorni dopo di un viaggio che deve essere stato terribile, peggiore di un girone dell’Inferno. Il treno n.10 ha il triste primato di essere stato quello che impiegò più tempo nel compiere quel tragitto di morte e possiamo immaginare le sofferenze patite dai deportati.

E’ molto probabile che Amalia, che soffriva di diabete e a cui, al momento della partenza, venne rubata la borsa con le medicine, sia morta durante il viaggio.

Documento attestante che Amalia Levi risulta di razza ebraica

Mario, che compì 53 anni proprio su quel treno, venne gassato poco dopo l’arrivo mentre Giorgio sopravvisse un poco più a lungo ma, poi, anche lui perse la vita.

La vicenda dei Saralvo è ricostruita nel romanzo di Giampaolo Pansa Il bambino che guardava le donne (Sperling & Kupfer Editori Milano1999) ambientato a Casale Monferrato, da dove veniva Amalia, un misto di verità e invenzione ma con una buona dose di attendibilità storica.

La casa dei Saralvo in Piazza del Popolo venne confiscata dal governo fascista e, dopo la Liberazione, occupata da alcune famiglie di sfollati.

Anni dopo, durante lavori di ristrutturazione, venne casualmente trovata una cassetta contenente libri e documenti che era stata nascosta dai Saralvo in una intercapedine della casa, nella speranza di tornare a riprenderla.

La cassetta  venne consegnata alla Biblioteca Malatestiana, non sappiamo da chi e in quali circostanze, dal momento che manca il documento di acquisizione da parte della Biblioteca.

Il contenuto della cassetta era il seguente:

  1. a) Una piccola lamina d’argento, una specie di ciondolo o amuleto che veniva appeso accanto ai neonati per buona fortuna oppure utilizzato come chiusura di rotoli.
  2. b) Una pergamena manoscritta che contiene una serie di benedizioni.
  3. c) Un’altra pergamena che costituisce il contratto di matrimonio tra Mario e Amalia Levi.
  4. d) Una Bibbia in ebraico ed aramaico, stampata a Londra nel 1840, interessante anche perchè contiene un ex libris, un timbro a inchiostro con le iniziali MS (Mario Saralvo).
  5. e) Un libro di preghiere dal titolo: “Libro della Sinagoga secondo il rito e il costume italiano delle sante comunità”, stampato a Pisa nel 1810, che contiene nei primi fogli annotazioni manoscritte tra cui una preghiera.
  6. f) Un altro libro di preghiere: “Casa di preghiera secondo il rito e la consuetudine italiana delle sante comunità”, stampato a Livorno nel 1861, anche questo con annotazioni manoscritte.
  7. g) Una pergamena manoscritta, il “Rotolo di Ester”, importante per il suo contenuto e per il significato simbolico.

 

 

Vi è narrata la storia di questa coraggiosa fanciulla ebrea, orfana, allevata dal cugino Mardocheo che aveva un importante ruolo nella corte del re persiano Assuero (normalmente identificato con Serse – V° secolo a. C.)

Ester per la sua bellezza diventa la seconda moglie del re e, quando viene a conoscenza del complotto del ministro di corte Haman che intende sterminare il popolo ebreo, rivela di essere ebrea e riesce a sventare il complotto.

Una vicenda che simboleggia la capacità del popolo ebraico di superare difficoltà e pericoli.

Ester è considerata una Santa anche dalla Chiesa Cattolica che la ricorda il 1° luglio.

Il libro di Ester viene letto in occasione della Festa cosiddetta dei Purim (cioè delle Sorti perchè Haman avrebbe tirato a sorte il giorno del tentato sterminio), celebrata a metà del mese di adar (marzo), una delle feste più importanti del popolo ebraico, la più gioiosa e amata dai bambini, una specie di Carnevale.

Era odiata, invece, dai nazisti in quanto ricordava la resistenza ebraica contro un popolo di origine ariana (come il persiano), quindi un evento odioso e da vendicare, tant’è che pare che in quel giorno si intensificassero le uccisioni nelle camere a gas.

  1. h) Infine un libro ricco di immagini e legato alla Festa più importante: una “Haggadah di Pesach” (“Racconto di Pasqua”) che si legge a cena, durante la Festa della Pasqua in quanto rievoca l’esodo dall’Egitto e la conquista della libertà e della Terra promessa, in modo da perpetuare anche nelle generazioni più giovani il ricordo della persecuzione, esilio e liberazione del popolo ebraico.

Questa Haggadah  è stata stampata nel 1859 a Livorno ed è scritta in ebraico e in lingua spagnola con caratteri ebraici.

La Bibbia, i due libri di preghiere, il Rotolo di Ester e il racconto di Pasqua versavano in  condizioni di grave degrado e sono “tornati in vita” nei mesi scorsi (la presentazione delle opere restaurate è avvenuta il 15 settembre scorso, nell’ambito delle Giornate Europee della Cultura Ebraica) grazie ad un mio contributo (ho impiegato i proventi del libro “Cesena Curiosa”) ed alla collaborazione della Direzione della Malatestiana.

Ha curato il restauro, eseguito con efficace perizia, la dott.ssa Silvia Cecchini che ha operato nel Laboratorio di Restauro della Basilica della Madonna del Monte (altro patrimonio della nostra città).

Per non dimenticare, il Comune di Cesena ha in progetto di collocare “pietre d’inciampo” davanti alle case degli Ebrei perseguitati e uccisi.

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2 Commenti

  1. Mirna Magnani 23 Gennaio 2022

    Grazie per questo dettagliato e triste racconto a cui aggiungo queste mie righe. Ho conosciuto i Saralvo attraverso la voce di una mia prozia Rosa Bocchini conosciuta come Maria che era al loro servizio. Mi raccontava della signora Amalia e dei suoi gioielli e di Giorgio che amava la fotografia tant’è che alcune foto fatte in u egli anni a mia mamma e alla sua famiglia sono state fatte da lui…

    Rispondi
  2. Mattia 9 Giugno 2022

    Secondo Wikipedia degli ebrei cesenati deportati ad Auschwitz solo uno fece ritorno, ma il nome non è stato riportato. Chi era?

    Rispondi

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