Buona domenica care amiche e cari amici che seguite la mia rubrica su arte, cultura, storia di Cesena! Oggi torniamo a parlare di Renato Serra o, piuttosto, di una singolare donna da lui amata:
“Amore amore amore mio Fides, il cuore mi duole, mi muore se non te lo dico…. Non temere, piccola cara, non fuggire, resta un poco con me; non voglio niente che tu non voglia, non ti tocco, non ti guardo, trattengo il respiro nel mio petto e il sospiro nel mio cuore e l’amore nel mio sangue, il triste amore, il dolce amore, l’infinito amore, quello che passa una volta sola nella nostra carne mortale…”(da Renato Serra: “Lettere a Fides Saetta che ferisce e vola” a cura di Renato Turci Le Monnier Firenze 2001)
Fides Galbucci, la donna a cui Renato Serra rivolgeva queste appassionate parole, l’amore più importante nella sua breve vita, era una giovane cesenate molto bella, dal carattere impulsivo e trasgressivo, amante della musica e dell’arte.
Così Serra la descrive nel 1910, prima dell’inizio della loro relazione: “La bella bocca rossa aveva una smorfia di bimba imbronciata. Il lampo degli occhi neri guizzava e scorreva sugli uomini, duro come una gemma e tagliente come il solco di una ferita. E a ogni passo pareva che via si scrollasse di dosso fastidiosamente ammirazioni e sguardi e desideri che le brancolavano intorno e la sfioravano senza fermarla.”
Alfredo Grilli, amico e biografo di Serra, la definisce “affascinante, vivacissima, capricciosa, nervosa nella sua figurina sottile, dai grandi occhi neri, dai neri e folti capelli”.
Da tempo Renato ne ammira il fascino sfuggente ma la relazione inizia nella primavera del 1913, quando Fides ha 23 anni e Renato sei di più. Un breve amore che raggiunge il suo acme nell’agosto 1913, quando Renato e Fides vivono giorni felici al mare della Pinarella. Lei è fidanzata con un giovane benestante di Fano, Aldo Omiccioli, figlio di un ricco droghiere ma lontanissimo dalla sua sensibilità e dai suoi interessi culturali. Fides non ama Aldo ma finirà per sposarlo il 4 settembre dello stesso anno 1913.
Serra non fa nulla per impedire il matrimonio e anche questo può essere addebitato alle indecisioni e all’indolenza della sua complessa personalità che solo di fronte alla guerra saprà trovare la forza di decisioni limpide e coraggiose. Dopo il matrimonio Fides torna per qualche settimana a Cesena e rivede Renato, poi non può fare a meno di raggiungere il marito a Fano.
La corrispondenza continua, da parte di Serra, fino al 12 dicembre: “E’ il sesto giorno da che t’ho scritto l’ultima lettera; e ho tanta paura che debba restare proprio l’ultima. Ho addosso una certa rassegnazione tetra di cose andate senza rimedio. E tu non rispondi, cara…” Il 31 maggio del 1914 nasce un bambino che potrebbe essere figlio di Serra (anche la madre di lui lo sospettava) ed avrà una vita infelice, finendo per morire suicida.
Ma anche negli ultimi giorni vissuti in trincea, nel luglio 1915, lo rivela il suo “Diario”, Renato continuerà a pensare a lei con nostalgia.
Fides merita di essere ricordata non solo per la relazione con Serra ma per la sua figura di donna autonoma e ribelle alle convenzioni, nello scenario di un tempo importante per l’affermazione della donna nella società.
A 16 anni aveva incontrato Giovanni Pascoli, molto più grande di lei, suscitando una simpatia sfociata in un breve componimento poetico che impreziosiva una cartolina raffigurante Santa Cecilia (un bassorilievo di Donatello al Museo Nazionale di Firenze) che Giovanni Pascoli inviò da Bologna, l’8 maggio 1907, a Fides “dal dolce nome e dal caro cognome”:
Caecilia bella, santa pura
benchè, perchè cieca, sicura,
con l’occhio che sol dentro vede,
Caecilia, chi sei tu? – La fede –
Tra i 18 e i 20 anni era stata corteggiata da un altro uomo fuori dal comune, Corrado Zoli, battagliero sindacalista che poi sarà ufficiale della legione straniera, corrispondente di guerra, medaglia d’argento al valore, governatore della colonia Eritrea, infine presidente della Società Geografica Italiana.
Corrado Zoli
Una relazione che le ha dato una fama poco lusinghiera, per cui, probabilmente, si è piegata alla volontà della madre (il padre medico era già morto) che la vuole sistemata in un matrimonio di convenienza, meglio se lontano da Cesena.
E’ probabile che Fides abbia sperato fino all’ultimo che Renato reagisse chiedendole di evitare il matrimonio, offrendole una prospettiva diversa.
Non fu così.
Un matrimonio che non poteva durare, tant’è che nel 1922 venne sciolto da un divorzio ottenuto nel Libero Stato di Fiume.
Fides vive per un certo periodo a Roma, finendo in miseria ed accettando (dalla testimonianza di Getrude Cattoli raccolta da Cino Pedrelli, appassionato studioso di Serra) squallide relazioni.
Viene mantenuta per qualche tempo dall’onorevole Ettore Ciccotti, nato a Potenza nel 1863, storico dell’età romana, docente universitario, deputato per tre legislature per il Partito Socialista e poi senatore, infine simpatizzante per il nascente movimento fascista, altro personaggio di un certo livello culturale nella vita di Fides.
Si trasferisce a Napoli dove gestisce, con un’amica, un “negozio di articoli eleganti per Signora”.
L’ultima relazione è con il musicista Paolo Denza (Fides aveva sempre amato la musica), pianista dalle doti straordinarie, considerato il fondatore della moderna scuola musicale napoletana. Dalla relazione nasce un figlio che avrà vita breve.
Paolo Denza
Il 24 maggio 1929, Fides, “in imminente pericolo di vita… ma sana di mente” sposa, a Napoli, Paolo Denza e, contestualmente al matrimonio, i coniugi dichiarano di essere i genitori di Sergio Denza, in un primo tempo riconosciuto solo dal padre (anche questo un enigma).
Il giorno dopo, Fides muore nella casa di piazza Vanvitelli 5, rione Vomero, affetta da incurabile tubercolosi polmonare, una malattia che contagiò numerosi artisti e fu al centro di capolavori della letteratura, della musica e dell’arte. Fides muore come Chopin, anche lui a trentanove anni, la cui musica sublime avrà certo ascoltato dal pianoforte di Denza, muore come Mimi della “Boheme”, come Silvia cantata da Leopardi, come Violetta della “Traviata”, alla cui vita fatta di passioni forti e passeggere, di vicende complicate e travagliate, di ricerca di una felicità inarrivabile mi sembra che la sua più s’avvicini.
Fides Galbucci con Giuseppe Prezzolini e Benedetto Croce a Cesenatico
Chissà se, all’approssimarsi della morte, le saranno tornati alla memoria i lontani giorni sereni di Cesena, le visite alla Malatestiana per incontrare Renato, l’immagine allegra di sè negli occhi appassionati di lui che così la descriveva: “Quanta musica e quanta allegrezza; la Fides così sottile, con un vestito tanto lungo e tanto bianco, fragrante sulla bianchezza leggera, la Fides che scivola fra le colonne e i banchi, i grandi plutei dall’aria di chiesa, che passa come un raggio di luce, con una allegrezza e una freschezza che rimbalza sotto le arcate con così musicale risonanza.” (Anche Serra la accosta spesso alla musica). La salma viene trasportata a Cesena e tumulata nella parte monumentale del Cimitero Urbano, dove erano già sepolti il padre Aristodemo (con un busto dello scultore Paolo Grilli) e la madre Nerina Teodorani.
In una lettera del 25 gennaio 1989 alla signora Adele Cutrì Reboa in Roma (che aveva personalmente conosciuto Fides), Cino Pedrelli scrive: “Credo che Lei abbia definito nel modo più esatto ed efficace il personaggio e la vita della Fides: bella e tanto amata, imprevedibile e avventurosa, romanzesca e infelice, alla continua ricerca di un bene irraggiungibile.”
Anche a me questa sembra la definizione più esatta di una donna che, nella sua complicata vita, certo anche con errori e dolori per sé e per le persone vicine, cercò qualcosa di inafferrabile: la felicità nell’amore, nella bellezza, nell’arte, l’affermazione di donna libera e autonoma, sensibile e appassionata.