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Gino Barbieri, l’uomo e l’artista – parte 1

Care amiche e cari amici che leggete questa Rubrica su Cesena, oggi Vi propongo la conoscenza di uno dei più notevoli (e per me affascinanti) artisti della nostra città (che ne conserva numerose opere solo in piccola parte esposte).

“Gino Barbieri … porta nella discussione una tale irruenza e una tale sincerità che sconcertano. Ma gli si perdona… Nel suo aspetto c’è gran parte della sua anima e della sua opera. Forse è per questo che egli nelle xilografie, o nelle acqueforti, o nei dipinti ad olio o nei pastelli, si esercita con compiacenza al suo autoritratto. Occhi à vivissimi, volto lungo e aristocratico, capelli come Assalonne, ma neri ed ispidi e selvatici, la bocca da voluttuoso e da sdegnoso bestemmiatore: tutta la persona sottile e alta… Ed il Barbieri ci svela, con l’ingenuità di un bimbo, tutto il segreto tormento della sua anima….L’ha gonfia di aneliti verso una grandiosità di visioni varie, strane, tumultuose.. questo giovane pittore ha dentro di sè racchiuse e riflesse tutte le virtù della sua gente… Io ci vedo l’immagine del nostro mare Adriatico. E’ sereno e lucente e tranquillo più che ogni altro mare del mondo. Ma guai se per entro vi s’abbattono i rabbuffi del garbino!”

Così l’amico Michele Campana (giornalista, scrittore, benefattore del Comune di Modigliana, non parente stretto ma appartenenti al medesimo ceppo famigliare del poeta Dino), descriveva Gino Barbieri, uno dei più importanti artisti (pittore e xilografo) nati a Cesena, raccontando le notti passate a Firenze, insieme agli amici, bevendo vino e discutendo animatamente di arte, filosofia, scienza (dal ” Cittadino” del 30 marzo 1913).

Ettore Cozzani, direttore rivista l’Eroica lo descrive “magro, pallido, una bella fronte, una bocca sempre sorridente, due magnifici occhi” mentre in un articolo del “Cittadino” del 22 aprile 1922 è presentato così: “Idealista, sognatore, foggiatore di fiabe e romantico, nelle sue opere ha cantato la favola e la primavera, l’amore e la passione, la vita e la morte, così profondamente che noi ammiriamo estatici ….” Dunque, un eccellente artista e un uomo dalla personalità complessa e inquieta (vedi l’autoritratto “Lussuria” in cui rappresenta la propria testa mozzata, come aveva già fatto Caravaggio), la cui vita e, soprattutto, l’esperienza della guerra e la morte mostrano singolari analogie con un altro importante cesenate: Renato Serra.

La partecipazione alla Grande Guerra fu per entrambi occasione di una maturazione umana e artistica di grande interesse.

Nella sua vita breve Barbieri fu un artista poliedrico, curioso, aperto alla sperimentazione e all’innovazione come si vede anche dall’utilizzo di varie tecniche: il disegno in cui si esercitò a lungo, il pastello, l’olio su tela, l’affresco, l’acquaforte e, infine, la xilografia in cui raggiunse risultati di grandissima qualità ed efficacia.

Luigi Giovanni (Gino) Barbieri era nato il 26 novembre 1885 nell’appartamento che la famiglia aveva in affitto al numero 61 (ora 43) di viale Mazzoni.

Il palazzo è ancora esistente ed è ben individuabile per il bel portale rinascimentale che presenta ai lati due colonne che sostengono una trabeazione (su cui si legge un’iscrizione latina e la data: MDXLVIII= 1548) sormontata dal trigramma IHS affiancato da fantastici animali marini (corpi di delfini e code di tritoni).

E’ anche conosciuto come “Palazzo dell’Università” perchè pare che, nel secolo XVIII, almeno per un certo periodo, abbia ospitato l’Università cesenate.

Nell’atto di nascita il padre Alessandro è indicato come “possidente”ma sostanzialmente era maestro elementare.

Donna di grande bellezza pare sia stata la madre Clorinda Zanotti che trasmise a Gino l’aspetto attraente che ci mostrano i tanti autoritratti e le fotografie, come quella che ce lo presenta a Firenze, in mezzo agli amici seduti o appoggiati al parapetto di un ponte (sull’Arno?).

Nel 1901 Gino ottiene la licenza presso la Regia Scuola Tecnica “E.Fabbri” di Cesena con una votazione non alta ma in cui spicca il nove in disegno che indica una già chiara vocazione artistica.

Nell’ottobre dello stesso anno inizia a frequentare da interno la Regia Scuola Normale di Forlimpopoli dove ha come compagni lo scrittore Rino Alessi e Benito Mussolini e in cui riceve una solida formazione classica.

La vita da collegiale è, almeno all’inizio, per lui molto dura come rivela in una lettera all’amico Ugo Magnani in cui emerge il suo carattere ribelle e fortemente emotivo: “Non sono mai stato avvezzo alla disciplina del collegio…voglio sperare che presto ritornerò a Cesena… penso che se rimango qua, va a finir male per me, che fuggirò o che farò altre cose simili. Sono esaltato, fuor di me, piango rabbiosamente, vorrei rompere i muri, andar via correndo, inveire parole brutali e offendenti a coloro che mi tengono qui…”

Nel 1904 consegue il diploma di maestro elementare e potrebbe ottenere subito un lavoro a Cesena e uno stipendio sicuro, assai utile viste le precarie condizioni economiche in cui si trova la sua famiglia. Invece Barbieri, con una svolta improvvisa della vita, mette in disparte il diploma e si iscrive al Regio Istituto di Belle Arti di Firenze, iniziando una nuova fase della sua esistenza dedicata interamente alla passione artistica. Frequenta l’Accademia fino al 1909, tranne un allontanamento nel 1908 a seguito di una sospensione per aver baciato una compagna di corso, indice di un temperamento focoso ed esuberante. A parte questo accenno non conosciamo altre vicende sentimentali della vita di Barbieri che non sembra aver mai avuto relazioni ufficiali o di una certa rilevanza. Gli anni fiorentini sono caratterizzati da una vita scapigliata, fatta di ristrettezze economiche ma anche di crescita artistica, di difficoltà e di amicizie con altri giovani estrosi come Dino e Michele Campana, Ercole Drei, Antonello Moroni, Ferruccio Pasqui.

Michele Campana scrive che: “novantanove su cento nelle tasche di lui c’è il nero più fitto, senza neppure la scialba luce di una stella o di nichello o di argento.”

Fondamentali per l’evoluzione artistica di Barbieri furono l’insegnamento di Giovanni Fattori e, soprattutto, quello di Adolfo De Carolis che avrà una notevole influenza sul suo stile e le sue predilezioni, orientandolo sempre più verso la xilografia (una tecnica che ha qualcosa della scultura perchè si scavano solchi nel legno e l’immagine artistica viene data dalla superficie che resta).

Si tratta di una tecnica antica (una xilografia è la “Madonna del Fuoco” di Forlì), “povera”, artigianale e, al tempo stesso, raffinata e difficile (bisogna operare all’incontrario…).

Numerose sono le direzioni in cui si esplica l’estro creativo di Barbieri:

  • xilografie che illustrano libri, tra cui il Satyricon di Petronio, numerose per la rivista L’Eroica: alcune di stampo neomichelangiolesco, altre potentemente sensuali o espressioni di un’energia primitiva, altre ancora ispirate a temi religiosi, oppure grottesche (“I mangioni”),
  • collaborazione col maestro De Carolis nella decorazione ad affresco del grande salone al piano nobile del Palazzo del Podestà di Bologna,
  • affreschi del catino absidale del Duomo di Cecina e, sempre ad affresco, la decorazione oggi scomparsa del Cinema Fulgor di Bologna di ispirazione tra neoclassico e liberty,
  • dipinti su tela: ritratti, autoritratti ed anche nature morte e qualche paesaggio.

Negli ultimi tempi emerge l’orientamento esclusivo verso la xilografia in cui acquisisce una competenza di intaglio che gli permette di raggiungere risultati eccellenti.

In quegli anni partecipa a vari concorsi in Italia e all’estero, ottenendone importanti riconoscimenti ed anche consistenti premi che invia ai genitori.

In una lettera a Magnani esprime la sua perplessità per gli ingiusti criteri di selezione in genere adottati: “Ma la vita è così, e a voler rimanere fanciulli, vuol dire anche rimanere schiacciati… Sai bene com’è fatta la nostra anima. Essa ha dei caratteri che non possono cambiarsi mai….Ora mi preparo per qualche concorso ma tu sai bene cosa vuol dire concorso. Vuol dire camorra, ingiustizia, astuzia, inganno ecc. ecc. Farò del mio meglio senza sperar troppo…”

Espressioni indicative della personalità di Barbieri e del suo senso della giustizia.

Intanto l’Italia entra in guerra ed anche Barbieri, tra l’agosto e settembre del 1915 viene chiamato alle armi o, come è più probabile, si arruola volontario, aderendo alle idee interventiste, come molti altri intellettuali.

Continua, tuttavia, a dedicarsi con grande impegno e passione all’attività di xilografo.

Nel prossimo post vedremo la sua esperienza umana e artistica come soldato a Venezia e nelle trincee dell’Altopiano di Asiago.

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