La chiesa di San Francesco in un disegno di Antonio Dal Muto tratto da “Una passeggiata nella Cesena dell’800”
Sono in molti a Cesena a non conoscere la storia della Chiesa di San Francesco, abbattuta nel 1842 per ricavarne la piazza dedicata nel 1883 a Maurizio Bufalini. Sono sopravvissute soltanto l’abside e le testate laterali con due monofore poi inglobate nella casa Bufalini.
Le testimonianze più antiche che la riguardano risalgono al 21 aprile 1250, data in cui è già in corso la costruzione della chiesa e del convento, collocata in un terreno di proprietà episcopale, in contrada Trova, un’area all’epoca marginale rispetto all’aggregato urbano; la chiesa venne consacrata nel 1290, ampliata nel 1368 e ampiamente ristrutturata nel 1758.
L’architetto ed ingegnere cesenate Amilcare Zavatti (1869- 1939) ci ha lasciato una mirabile descrizione di questo luogo:
«Ampia, bassa, a tetto nella tribuna, la chiesa occupava in largo quasi intera la piazza Bufalini, l’interno era ad una sola nave con abside poligonale (quella ancora oggi visibile ndr) e la luce che filtrava dalle finestre acute doveva, nella vastità dell’ambiente, diffondere appena un malinconico chiarore. La fronte, con la porta fiancheggiata da due finestre e sormontata da un occhio circolare, dominava il cimitero antistante.»
La pianta della chiesa
La Chiesa e l’area del convento di San Francesco furono per secoli testimoni di aneddoti e racconti imperdibili, fra i tanti ricordiamo i più significativi:
Il cimitero dei condannati a morte
Il cimitero antistante descritto da Zavatti era adiacente ad una chiesetta limitrofa detta “della Crocetta” sede della “Compagnia della Santa Croce”, una confraternita presente a Cesena sin dal 1334. Il cimitero era gestito direttamente dalla Santa Inquisizione e venne chiuso solo alla fine del 1700. Scopo primario di questa confraternita cesenate, era l’assistenza ai condannati alla pena capitale. In queste occasioni i confratelli della Santa Croce vestivano un abito bianco ed erano incappucciati. Una croce rossa era cucita sui loro indumenti. Terminata l’esecuzione del condannato il suo corpo era sepolto nel piccolo cimitero della “Crocetta”. Compito quindi degli affiliati era quello di dare conforto, curarne le esequie e pregare per le loro anime. L’attuale via Montalti (un tempo via Madonna dell’Orto) era larga la metà di come la vediamo ora e nel tempo venne allargata occupando una porzione dell’area dove per secoli vennero sepolti i condannati. Nel 1999 durante dei lavori di interramento delle tubature del gas su questa via, gli scavi riportarono alla luce una serie di scheletri con il teschio staccato dalla colonna vertebrale appoggiato fra le ginocchia.
Il sepolcro di Malatesta
La chiesa di San Francesco conteneva il Sepolcro di Malatesta Novello. Il Signore di Cesena, a differenza del fratello Sigismondo, che si fece costruire un luogo di sepoltura di grande rilievo (il Tempio Malatestiano a Rimini) volle per sé un luogo umile e lasciò scritto che venisse sepolto lungo il perimetro esterno della Chiesa, annessa al convento dove si trova la biblioteca da lui fondata. Nel 1811 si decise di traslare la tomba, ma ci si accorse che il luogo dov’era stato sepolto appariva vuoto. Probabilmente le sue spoglie erano andate disperse durante i lavori di ristrutturazione, avvenuti tra il 1751 e il 1758. Successive ricerche riportarono alla luce una cassa in legno di cipresso. Un non meglio precisato gruppo di cesenati dopo aver effettuato una serie di studi dei resti contenuti nella cassa arrivò a stabilire che potevano effettivamente essere quelli dell’indimenticato signore della città e così l’anno dopo un urna in marmo sostituì il precedente sarcofago e fu collocata nell’aula del Nuti. Recentemente l’urna è stata nuovamente aperta per stabilire con le nuove tecniche del XXI secolo la veridicità o meno degli studi effettuati in passato. I resti non appartengono a Malatesta Novello che si presume si trovi ancora sepolto nell’attuale Piazza Bufalini.
I “Vespri di Cesena”
Una delle storie più affascinanti e tragiche della città, conosciuta come i “Vespri di Cesena”, vide protagonista ancora questo luogo. Verso la fine del 1400, come nel resto d’Italia, c’erano forti rivalità fra le famiglie gentilizie cesenati. Su tutte quelle dei Tiberti e dei Martinelli, le famiglie più in vista, in perenne lotta tra loro per il controllo della città. Nel mese di maggio del 1495 i Tiberti capitanati da Achille, il loro più ardito esponente, e appoggiati dal crudele Guidi Guerra dei Guidi di Bagno, rientrarono a Cesena e si asserragliano nella Rocca Vecchia. In città si aveva la sensazione che stesse per accadere qualcosa di molto grave. La domenica del 14 luglio, giorno della festa di San Bonaventura, durante il “vespero ceciliano cesenaticho” i Tiberti scesero in massa nella chiesa di San Francesco sorprendendo tutti i Martinelli riuniti in preghiera, uccidendone a decine. Una storia di sangue e spade all’interno di un luogo sacro che fece un enorme scalpore in tutto lo stato pontificio.
Lo spoglio dei tesori, il declino e la demolizione
Dall’invasione Napoleonica fino alla definitiva soppressione della comunità religiosa Francescana, la chiesa venne spogliata dai discendenti delle nobili famiglie cesenati dei suoi più preziosi tesori artistici Gli eredi della famiglia Masini sostennero il diritto di proprietà sul meraviglioso pulpito in marmo eretto nel 1599 su disegno di Francesco Masini, l’autore della nostra superba fontana. Similmente la famiglia Ghini, quale erede degli Albizzi, rivendicò il quadro di S.Margherita da Cortona, del Guercino, oggi esposto nella pinacoteca Vaticana a Roma. L’altare sul quale il dipinto era posto, che il cardinale Francesco degli Albizzi aveva fatto scolpire con ricchezza di marmi e lavori, passò alla chiesa del Suffragio dove tuttora si può ammirare sulla parete nord.
Il quadro del Guercino di S.Margherita da Cortona un tempo nella chiesa di San Francesco oggi nei musei Vaticani a Roma
All’inizio dell’800 la chiesa, ormai in rovina, era utilizzata come stalla e fienile, mentre il convento divenne la sede dei Carabinieri pontifici. La piccola chiesa della Crocetta serviva invece da bottega e officina di riparazione per le carrozze.
Nel marzo del 1837 iniziarono i lavori di costruzione delle nuove scuole pubbliche. Venne prima demolita la chiesa della Crocetta e quindi il convento. Il comune per costruire il palazzo degli studi spese la considerevole cifra di 14.000 scudi contro i 6.000 stimati.
Nel 1842 infine venne abbattuto ciò che restava dell’antica chiesa per far posto a Piazza Bufalini, che ancora oggi conosciamo. Come consuetudine del tempo, con il materiale di recupero derivante dalla demolizione venne eretto il teatro Bonci.
Bellissima e interessante ricostruzione … Grazie
ai ragione po
tremmo conoscerci
Non avevo idea di questa chiesa grazie a voi imparo sempre cose interessanti .bravissimi