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Il busto di William D’Altri e lo scultore Ettore Lotti

Care amiche e cari amici di questa Rubrica, buona domenica “arancione”, con la speranza di tornare presto quanto meno “gialli”! Resistiamo!
Ai bordi della pista ciclabile di viale Carducci, davanti all’edificio che ospita la Scuola Elementare, un busto di bronzo (che meriterebbe un intervento di pulizia e ripristino) mostra l’immagine di un giovane ardimentoso: il torace potente, il collo slanciato, il volto deciso che esprime fierezza.
Lo stile ci riporta al ventennio fascista.
Sul basamento, poche parole enigmatiche: WILLIAM D’ALTRI MEDAGLIA D’ORO LEKEMTI 26 GIUGNO 1936.
Cosa significano quel nome, la data, quella strana località?
William D’Altri, nato a Cesena il 4 agosto 1913, era primo aviere motorista quando venne inviato in missione in Africa, nella guerra di conquista dell’Etiopia da parte del regime fascista. Una guerra terribile in cui l’esercito italiano usò ogni mezzo per piegare la popolazione locale: massacri, deportazioni, persino armi chimiche.
Una guerra voluta per creare un Impero che avrebbe dovuto offrire opportunità di lavoro e sviluppo economico e segnò il culmine del consenso al regime fascista ma, forse, anche l’inizio del declino.
Nel giugno del 1936 la guerra era praticamente vinta ma restavano da controllare alcune regioni periferiche, tra cui la provincia dello Uollega, a più di trecento chilometri a ovest di Addis Abeba, una zona di alture e pianori, foreste e coltivazioni a duemila metri sul livello del mare.
Lassù venne spedita (o mandata allo sbaraglio?) una missione di undici ufficiali e avieri, a bordo di tre aerei, comandata dal generale Magliocco e organizzata dal maggiore pilota Antonio Locatelli, una straordinaria figura di aviatore, uno dei più abili e coraggiosi nella storia dell’aviazione italiana, tre volte medaglia d’oro, protagonista, accanto a D’Annunzio, del temerario volo su Vienna, autore di eccezionali trasvolate in Europa e Sud America anche in tempo di pace.
Una squadra di eccezionale valore in cielo… ma in terra e di fronte a nemici soverchianti?
Alla missione partecipava come volontario anche William D’Altri.
Nel pomeriggio del 26 giugno 1936 gli aerei atterrarono in uno sperduto campo in località Bonaia e lì i militari italiani si accamparono, a quindici km dalla cittadina di Lekempti che avevano in programma di raggiungere il giorno successivo.
Invece, nella notte, vennero assaliti da una numerosa banda di ribelli etiopici e tutti trucidati.
Nulla rimane di loro, il piccolo cippo in cui i resti erano stati inumati non esiste più.
D’Altri aveva appena ventidue anni.
Una lunga iscrizione su una lapide posta nel cortile di Palazzo Guidi è dedicata ad esaltarne l’eroica morte.
D’Altri è definito “mirabile esempio di generoso ardimento, di consapevole fermezza e sentimento del dovere”.
Prima dell’ultima impresa a Lekempti, era stato insignito della Croce di guerra al valor militare avendo dato “prova di abilità di motorista e delle sue qualità di soldato in cinquanta azioni di guerra compiute in poco più di due mesi e per un complesso di 100 ore di volo” sui cieli dell’Etiopia, a dispetto della contraerea nemica.
Un Cesenate di grande coraggio, andato incontro ad una morte assurdamente prematura, nel contesto di una improvvida missione e di una ingiusta guerra di conquista.
Il monumento a D’Altri venne eseguito dallo scultore cesenate Ettore Lotti (Cesena 1896 – Lavinio 1981), autore di altri importanti opere, tra le quali il monumento dedicato a Renato Serra davanti alla Biblioteca Malatestiana (anche qui sarebbe necessario un intervento di ripristino), quello ad Arnaldo Mussolini nel Cimitero di Paderno, presso Mercato Saraceno, il busto del colonnello pilota Ivo Oliveti (medaglia d’oro, anche lui morto in Etiopia) nella Pinacoteca di Forlì e alcune sculture nel Cimitero di Cesena tra cui il busto di Pietro Marinelli, la Tomba Tesei e la pregevole “Pietà” in marmo nella Cappella Salberini (1963).
Lotti, ottenuta la licenza presso la Scuola Professionale di Cesena, grazie ad un sussidio della Congregazione di Carità aveva superato brillantemente gli esami d’ammissione all’Accademia di Firenze dove era stato allievo dello scultore Domenico Trentacoste (autore del medaglione di Gaspare Finali nel nostro Cimitero), diplomandosi nel 1919.
Una delle sue prime realizzazioni di successo (ci informa il giornale “Il Cittadino” del 19 settembre 1915) fu un busto in creta di Gaspare Finali “esposto nella vetrina di mezzo del negozio Fantini”, lavoro definito “perfetto, sia per la mirabile rassomiglianza, che per i singolari pregi tecnici di cui abbonda”.
L’articolo continua esprimendo “i migliori auguri al bravo giovine che avrebbe bisogno, invero, d’incoraggiamento migliore che di parole, a proseguire nella sua difficile via”.
Forse il busto di cui si parla potrebbe essere (l’altezza non consente di accertarlo) quello collocato in una nicchia del salone d’onore del Palazzo Comunale.
Tra le due guerre Lotti continuò a lavorare a Cesena, poi si trasferì a Lavinio, frazione del Comune di Anzio, sul litorale laziale, dove continuò a scolpire e dipingere fino alla morte.
E’ curioso che, prima di dedicare il suo impegno alla realizzazione di importanti monumenti commemorativi, poco dopo i vent’anni, Lotti si sia cimentato in tutt’altro genere, nell’arte della caricatura che a Cesena vanta una eccellente tradizione.
Ce ne informa ancora “Il Cittadino”, nel numero del 3 luglio 1920: “Nel negozio Biagini sono ammirate le interessanti caricature di alcune note persone fatte dal valente giovane Lotti Ettore. Apprezziamo il suo valore di artista e interpretando il voto di molti cittadini lo incitiamo a perseverare, promettendogli il nostro appoggio.”
Caricature purtroppo perdute.

 

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