Il Duomo di Cesena, dedicato a San Giovanni Battista, è uno dei monumenti più significativi della città, sia da un punto di vista storico, sia da un punto di vista artistico. Anche questo monumento, come diversi altri realizzati a Cesena, è legato ai Malatesta, signori di Cesena.
Fu Galeotto infatti che, appena divenuto signore della città, nel 1378, decise che la precedente cattedrale ubicata nella murata (la cittadella rialzata), non fosse più degna di rappresentare la città di Cesena e stabilì che una nuova cattedrale venisse edificata all’incrocio fra l’antica via Emilia e la via del sale che conduceva a Cervia, dove già sorgeva una piccola chiesa dedicata a Sant’Antonio abate. Come spesso avviene però, per le opere realizzate in questo periodo storico, le fonti documentarie sono molteplici e non sempre coincidenti. Risulta infatti che il 2 agosto 1368, Papa Urbano VI, sollecitato dai cittadini cesenati che trovavano difficoltoso accedere al precedente Duomo chiuso nella murata, autorizzasse la costruzione di una nuova cattedrale. I lavori di costruzione iniziarono, comunque, solo nel 1385 quando signore di Cesena era diventato Andrea Malatesta e proseguirono per più di 10 anni, (qualcuno ipotizza addirittura per circa un ventennio).
Mancano anche notizie storiche certe sul nome dell’architetto, probabilmente originario di un cantone svizzero (Untervaldo) da cui deriverebbe il nome generico di maestro Undervalden. Siamo infatti ancora nel periodo medievale ed il nome dell’architetto progettista non era importante, come divenne poi nel Rinascimento, dal 400 in poi, quando i nomi di Brunelleschi e dell’Alberti risultarono inconfutabilmente legati alle opere da loro progettate. Il progettista medievale infatti, non produceva un disegno che descriveva ogni singola parte della costruzione (come avverrà a partire dal Rinascimento) ed i singoli realizzatori, a volte addirittura i semplici scalpellini, avevano una certa autonomia nella realizzazione dei particolari, in quanto non si sentiva la necessità di una per fetta omogeneità dei particolari e di un rigoroso ordine geometrico. La cattedrale, comunque, fu realizzata con lo stile che viene attualmente definito romanico gotico in quanto contenente già elementi gotici di derivazione n o r d i c a (francese e tedesca) interpretati però ancora con un gusto romanico e senza quell’accentuazione del verticalismo presente nelle grandi cattedrali di Chartres e Reims dove, fra l’altro, gran parte delle pareti erano sostituite da enormi vetrate multicolori. Il Duomo di Cesena, infatti, è ben delimitato da spesse murature, aperte da strette finestre che, dello stile gotico, hanno solo il coronamento ad arco a sesto acuto.
Solo a metà del ‘400, però, la cattedrale venne dotata di un campanile la cui cella campanaria e l’originale coronamento furono portati a termine solo in età barocca. Il progettista del campanile, il maestro Maso di Pietro della Val Lugano, ricevette poi anche l’incarico di intervenire sul resto della Chiesa. Un discorso a parte merita la facciata che, realizzata fra il ‘400 e il ‘500, ha una linea particolarmente sobria, con mattoni a vista, ingentilita da quattro lesene con un semplice capitello che si concludono in una trabeazione, anche questa in cotto, che crea una interruzione orizzontale alla parete smorzando ulteriormente il già modesto slancio verticale e testimoniando la ricerca di equilibrio che caratterizza il Rinascimento.Negli spazi delimitati dalle quattro lesene sono poi inseriti altri quattro elementi verticali, simili a lesene ma privi di capitello. Il coronamento della facciata, decisamente più elegante è impreziosito da decorazioni in cotto tipicamente emiliano-romagnole sia sulle lesene, che si concludono con capitelli corinzi, sia nella cornice dell’oculo centrale (che ricorda in parte i vecchi rosoni romanici). La stessa decorazione ritroviamo negli originali coronamenti semicircolari, di chiara derivazione veneta, che affiancano la parte centrale, e che ricordano il coronamento della basilica di San Marco ed ancor più della Scuola grande di San Marco.
Punto forte della facciata è comunque il bellissimo portale a strombo, in pietra bianca, con arco a tutto sesto, arricchito da una sobria ma elegante decorazione, con colonnine tortili ed una cornice finemente decorata a bassorilievo, dove il motivo a strombo (cioè rientrante verso il centro) di derivazione gotica è interpretato con un gusto tipicamente rinascimentale. Sulla stessa facciata, in una nicchia, fu collocata nel 500 una statua della Madonna. Nello stesso periodo furono realizzate le coperture con volte a crociera delle navate laterali e diverse statue e monumenti funerari dislocati lungo le pareti della Chiesa. L’opera più importante però è il grande altare del Corpus Domini, di Lorenzo Bregno, in marmo bianco, a forma di grande nicchia incorniciata da due eleganti lesene riccamente decorate che si collegano ad una trabeazione e con al centro splendidi bassorilievi e tre alto rilievi con l’immagine di Cristo affiancato da San Giovanni Battista e San Giovanni Evangelista ed i due committenti inginocchiati.
La mensa originale dell’altare è andata purtroppo perduta. Sul lato opposto, a metà della navata sinistra, fu realizzata, in stile barocco, nella metà del settecento, la Cappella della Madonna del Popolo, per opera di Pietro Carlo Borboni, a pianta quadrata riccamente decorata da marmi colorati e coronata da una bella cupola affrescata dal Giaquinto. Tutto questo solo per citare le opere più importanti, che, come risulta chiaro anche da queste poche indicazioni, appartengono a periodi diversi.
Le chiese del tempo infatti, ed in particolare le cattedrali, non venivano mai considerate dalle successive generazioni come monumenti già definiti da rispettare. Erano piuttosto considerati come organismi vivi che si trasformavano e rimodellavano adeguandosi via via al gusto dell’epoca, perché ogni generazione voleva che la propria cattedrale fosse al passo coi tempi, che apparisse ricca e bella, ed il concetto di bello cambiava di volta in volta secondo il gusto e la sensibilità estetica del momento.
Il risultato finale, dopo una serie di altri interventi che fin qui non ho descritto (altari laterali, cappelle, cripta, volte a crociera barocche nella navata centrale …) era diventato, come si può facilmente immaginare, un guazzabuglio di stili, un collage a volte di dubbio gusto e stilisticamente incoerente che portò, a fine ottocento, in periodo storicista, a decidere di dare alla cattedrale un aspetto stilisticamente più omogeneo e teoricamente più aderente alle forme originali. Come spesso accade però, la cura fu peggiore del male in quanto più che di restauri si trattò di ricostruzione di un falso gotico in gran parte reinventato.
A tutto ciò si cercò di porre rimedio, a metà del novecento, con un restauro conservativo più rispettoso della verità storica, che rimosse tutto quanto era stato aggiunto di falso, portando la cattedrale all’aspetto che possiamo ora ammirare, con la struttura originale romanico-gotica ripristinata, con le travature in legno della navata centrale visibili ma con le opere prestigiose ed esteticamente valide, aggiunte nel corso dei secoli, perfettamente fruibili e testimoni di quanto di meglio la storia e la cultura hanno prodotto nel corso di tanti secoli.
Umberto Giordano