Ancora buon giorno amiche e amici! Oggi esaminiamo insieme un’opera che ci parla di bellezza e di storia ma, anche, dei giorni drammatici che stiamo vivendo. Mi auguro che l’immagine di San Giorgio che sconfigge il drago sia di buon auspicio e che presto possiamo anche noi essere liberati dall’incubo del drago/morbo.
Un magnifico palazzo-castello, circondato da mura larghe quattro metri e lunghe più di cento su ciascun lato, splendida residenza e simbolo di potenza della famiglia Malatesta.
Questo era l’edificio eretto a qualche chilometro da Cesena, nella pianura che degrada verso il mare, intorno al 1420, per iniziativa di Pandolfo III Malatesta, padre di Domenico Malatesta Novello, futuro signore di Cesena e di Sigismondo che governerà Rimini.
Il castello era dedicato a San Giorgio a cui i Malatesta erano devoti tant’è che una grande lapide (cm. 163X391) ad altorilievo in marmo greco raffigurante San Giorgio che uccide il drago era posta su un lato dell’alta torre d’ingresso.
Un’iscrizione sottostante, in esametri latini, celebrava la vittoriosa impresa di Andrea Malatesta a Porta Vercellina di Milano da cui aveva prelevato campana e catene come trofei.
Il castello ha dato alla località il nome di San Giorgio che ancora conserva.
L’edificio era già in rovina nel 1489 mentre la torre rimase eretta per secoli, alta nella pianura.
Dopo l’unità d’Italia ospitò una scuola elementare e, nella seconda guerra mondiale, servì da rifugio antiaereo ma le sue solide mura nulla poterono contro la furia devastatrice delle truppe tedesche che, il 14 ottobre 1944, prima di ritirarsi, minarono la torre facendola crollare.
Fortunatamente il rilievo dedicato a San Giorgio era già stato trasferito (1820) nel Palazzo Comunale di Cesena, poi è passato nella Biblioteca Malatestiana dove ancora si trova, nella sala che da lui prende il nome e dove, recentemente, sono state ricollocate le due catene trofeo della vittoria.
La bella immagine del Santo che, sull’imponente cavallo, infila la lunga lancia nelle fauci del drago è fiancheggiata a sinistra da un leopardo rampante e, sul lato destro, dal tradizionale emblema malatestiano dell’elefante.
Non è chiaro il significato simbolico dell’opera né è noto il suo autore, certamente uno degli scultori più valenti del suo tempo (la fotografia non rende la bellezza dell’opera).
Sono state avanzate varie ipotesi e fatti i nomi di importati scultori: Ottaviano di Duccio, autore del bel sepolcro del Vescovo Antonio Malatesta, in Cattedrale, Jacopo della Quercia, Nanni di Bartolo oppure il veneto Filippo di Domenico, autore della pregevole tomba di Paola Bianca, moglie di Pandolfo, conservata a Fano.
In ogni caso, si tratta di una delle sculture più belle della nostra città e dell’arte italiana del primo ‘400, a cui conferisce pregio anche l’iscrizione in lettere gotiche di grande eleganza.
Il rilievo si colloca tra le grandi opere che la dinastia malatestiana ha lasciato in città, tra cui il Duomo, l’ampliamento delle mura e, capolavoro assoluto, la magnifica Biblioteca con i suoi splendidi codici, prima Biblioteca pubblica, donata dal signore alla “illustrissima comunità” di Cesena.
Già abbiamo visto che la grande stagione Malatestiana a Cesena era iniziata nel 1377, dopo il Sacco dei Bretoni, con l’avvento della signoria di Galeotto Malatesta ed era proseguita con Andrea, il condottiero a cui è dedicato il bassorilievo, poi con Carlo e con il nipote Domenico Novello che la governò con la moglie Violante fino alla morte senza eredi, nel 1465, quando Cesena tornò sotto il governo papale e vi rimase fino all’Unità d’Italia.
L’impresa di San Giorgio che uccide il drago e libera la principessa (che manca nel rilievo cesenate) è narrata nella medievale Leggenda Aurea composta nella seconda metà del secolo XII° da Jacopo da Varazze.
E’ un’immagine molto diffusa nell’arte italiana ed europea (come vediamo qui in dipinti di Vittore Carpaccio, Raffaello, Tintoretto, Gustave Moreau), così come San Giorgio è un Santo molto venerato, protettore un tempo dei Crociati ed ora di interi stati tra cui l’Inghilterra ed il Portogallo o regioni come la Catalogna.
In Italia è patrono di oltre cento città, protettore dei cavalieri e, in passato, veniva invocato contro i serpenti e malattie contagiose come peste, lebbra e sifilide.
L’uccisione del drago ha un significato religioso ma anche un ampio valore simbolico in quanto il drago, oltre che del demonio, è simbolo delle forze maligne della natura.
Viene dall’oscurità di una caverna o dalle putride acque di una palude e vuole distruggere tutta la comunità che è costretta ad offrire vittime umane per placare la sua crudele voracità.
Fortunatamente interviene San Giorgio, il cavaliere senza macchia nè paura che lo affronta e lo uccide, liberando la comunità dalla terribile oppressione.