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Il ritorno di Pio VII a Cesena “madre di papi”

Buon giorno care amiche e cari amici! Resistiamo! Due giorni fa (capitolo 21) abbiamo visto l’ingresso di Napoleone a Cesena. Oggi assistiamo ad un altro ingresso che segna un altro importante passaggio nella storia di Cesena:

Il 20 aprile 1814 l’ingresso trionfale in città di papa Pio VII, nel viaggio che dalla Francia lo riportava a Roma, dava ai Cesenati la certezza che la dominazione napoleonica era finita. Barnaba Chiaramonti tornava a Cesena dove era nato, il 14 agosto 1742, dal padre Scipione e  da Giovanna Coronata Ghini imparentata con il predecessore papa Pio VI Braschi. In Francia era stato trattenuto cinque anni, in condizioni di sostanziale prigionia, a causa dei contrasti con l’Imperatore e aveva dovuto assistere come passivo spettatore all’autoincoronazione del Bonaparte in Notre Dame. La pesante sconfitta di Lipsia, in quella che, per la vastità delle forze in campo, sarà definita la “battaglia delle nazioni”, aveva segnato la crisi del potere napoleonico e consentito il ritorno in Italia del pontefice.

Negli anni precedenti (vedi cap.21) Cesena era stata investita dalle riforme del governo napoleonico.

La vendita dei beni ecclesiastici, l’abolizione dei titoli nobiliari, il nuovo codice civile avevano modificato i rapporti economici e sociali.

I costumi privati erano stati investiti dalla ventata di laicismo. Il servizio militare obbligatorio era stato un peso terribile, soprattutto per le famiglie contadine. Anche per questo il governo napoleonico aveva suscitato entusiastici consensi ed anche forti reazioni avverse, soprattutto da parte delle classi nobiliari e contadine, oltre che dal numeroso clero.

Questo spiega il tripudio con cui Pio VII venne acclamato al suo ingresso in Cesena, come vediamo in  questa tela (cm.170×205) esposta nella nostra Pinacoteca, firmata “Enea Peroni cesenate” e datata 1839. Pur dipinta anni dopo, la tela è quasi un’istantanea su uno degli eventi più importanti nella storia della città.

Il dipinto mostra il papa mentre, passando in carrozza sotto l’arco di Porta Romana (oggi Porta Eugenio Valzania ma più conosciuta come Porta Santi), benedice la folla plaudente, attorniato da nobili e prelati a piedi e preceduto da soldati a cavallo. La carrozza è seguita dalla banda ed è accolta da benestanti, inginocchiati in primo piano e da popolani ammassati sullo sfondo. La Basilica della Madonna del Monte, alta sulla collina, sotto un cielo sereno attraversato da nubi leggere, sembra osservare benevola la scena.

L’arrivo di Pio VII (che vediamo nei ritratti di Vincenzo Camuccini e Bernardino Nocchi) poteva apparire il segno di un ritorno al passato, al quieto governo pontificio. In effetti Cesena rimase nello Stato della Chiesa fino all’Unità d’Italia, tuttavia vivendo (come vedremo in altro cap.) il tumultuoso periodo dei moti risorgimentali.

Cesena aveva già avuto come vescovo, dal 1680 al 1686,  il pugliese Pietro Orsini, diventato papa nel 1724 e fino al 1730, col nome di Benedetto XIII, di cui è stato recentemente chiuso il processo per la beatificazione. Poi vennero i tre papi col nome di Pio, a testimoniare il legame che li univa: il cesenate Pio VI Braschi nominò cardinale il concittadino Barnaba Chiaramonti, aprendogli la strada al soglio pontificio.

A sua volta Chiaramonti nominò cardinale il maceratese Francesco Castiglioni che lo aveva accompagnato nell’esilio francese.

Castiglioni era stato vescovo di Cesena dal 1816 al 1821 e divenne papa assumendo il nome di Pio VIII.

Per questo Cesena si può definire “città dei due papi” se ci riferiamo ai cesenati Braschi e Chiaramonti, oppure “dei quattro papi” se comprendiamo anche coloro che di Cesena furono vescovi.

“Evviva Cesena, che è madre di papi” scriveva il 14 marzo 1800 al suo vicario il cardinale Carlo Bellisomi, vescovo di Cesena dal 1795, in occasione dell’elezione di Pio VII.

A papa Chiaramonti (che prese anche importanti provvedimenti a tutela dei beni culturali e artistici dello Stato pontificio) Cesena deve la Biblioteca Piana, ora in Malatestiana ed il gioiello della chiesa di Santa Cristina (in via Chiaramonti), dalle dimensioni  modeste ma dalla straordinaria architettura, quasi un piccolo Pantheon ideato dal geniale architetto Giuseppe Valadier.

Un edificio dalle pure linee neoclassiche che sorge su un, ampia, possente e suggestiva volta sotterranea, un altro dei contrasti di fascino della nostra città.

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