Care amiche e cari amici! Grazie di cuore ai tanti di Voi che avete aggiunto un commento o una reazione al mio post di ieri sulla Resistenza a Cesena… Buona giornata e buona settimana, un’altra settimana in attesa della fase due che, comunque, comporterà ancora prudenza e molta attenzione per evitare una recrudescenza del contagio. Oggi vediamo insieme la storia di un edificio importante nella storia di Cesena:
Uno dei principali luoghi di incontro e divertimento di Cesena e di tutta la Romagna è, da quasi un secolo e mezzo, il Teatro “Giuseppe Verdi” la cui storia è singolare per l’evoluzione che la struttura ha vissuto nella sua lunga esistenza, allo scopo di adeguarsi alle mutevoli esigenze del pubblico. La sua storia inizia nel 1874, quando nasce come teatro all’aperto, in legno, utilizzato solo di giorno, in un’area tra il grande edificio del “Bonci”, il magnifico teatro cittadino famoso per la perfetta acustica ed il largo palcoscenico e lo spazio verde del bel Giardino Pubblico.
E, appunto, “Teatro Giardino” è il suo primo nome.
Il successo è tale per cui presto il teatro viene dotato di un tetto per consentire un utilizzo più ampio, anche serale. Ai primi del ‘900 un incendio ne distrugge gran parte, compromettendone la sopravvivenza ma il teatro viene immediatamente ricostruito in muratura, tornando ad essere uno dei luoghi privilegiati per feste e veglioni.
Insieme al Circolo Cittadino era il locale preferito da Renato Serra (il più importante scrittore cesenate a cui dedicheremo successivi post) che aveva imparato a ballare, superando l’iniziale timidezza e l’impaccio nei movimenti, grazie ai consigli dell’amico Ferruccio Mazzocchi, meno istruito ma più disinvolto di lui.
Serra, incline al fascino femminile, partecipava alle soiree che si svolgevano nel teatro e, dal suo palco, talora scriveva lettere agli amici, come questo frammento del 12 luglio 1913 trascritto dall’amico Luigi Ambrosini: “Dove sono a scrivere? Nello stanzino del mio palco al Teatro Giardino. Dietro la porta chiusa c’è il teatro tutto buio, un pianoforte che singhiozza e delle immagini che tremano in una sera sbiancata.” Poche parole che ci danno l’idea della bellezza della scrittura di Serra.
Tra le due guerre il “Verdi” continua ad essere teatro di feste da ballo mentre, nella seconda metà del secolo scorso, vive un’altra evoluzione e, oltre ad ospitare veglioni, come a Capodanno, vive la grande stagione del successo del cinematografo.
Con l’avvento della televisione e il ridimensionamento del cinema, il “Verdi” subisce una fase di declino, quasi di abbandono.
Nel 2003, dopo un’ulteriore ristrutturazione, torna a nuova vita modificando, ancora una volta, la tipologia di eventi in grado di ospitare. Viene inaugurato il “Nuovo Teatro Verdi”, con funzioni poliedriche di ristorante, teatro, discobar, eventi…
Il foyer, i palchi, lo spettacolare lucernaio, il grande palcoscenico vengono valorizzati per ospitare manifestazioni di vario tipo, dal ballo allo spettacolo, da eventi conviviali a conferenze. Un teatro dalla vita davvero straordinariamente mutevole, un pezzo non secondario della storia della nostra città.
Mi piace concludere questa presentazione del “Teatro Verdi” mostrando come lo raffigurava, intorno alla metà del secolo scorso, il pittore cesenate Otello Magnani, in una tela conservata in Pinacoteca.
Magnani (Cesena 1906 – Roma 1972), partigiano, sindacalista e parlamentare socialista, era pittore autodidatta eppure seppe trasmettere la sua passione artistica al nipote Alberto Sughi che diventerà uno dei protagonisti della pittura italiana del ‘900.
Così lo ricorda Sughi in uno scritto del 1974: “Eravamo in aperta campagna, in una giornata d’inverno bianca e azzurra di neve e di sole. Otello aveva piantato il suo cavalletto di pittore sul punto più alto della collina… Poi cominciò a dipingere; il suo bel viso era sereno, i pensieri che aveva raccolto nella sua mente durante la lunga osservazione sembravano sciogliersi nei colori che velocemente si stendevano sulla tela. Era come assistere ad un lavoro magico di tessitura: ogni pennellata si intersecava con le altre dando vita a quella trama da cui misteriosamente nasce l’immagine della pittura.”
Come descrivere meglio la bellezza della creazione pittorica?