Buona domenica care amiche e amici di questa Rubrica su Cesena! In occasione della ricorrenza della Liberazione di Cesena (20 ottobre 1944), parliamo oggi di un luogo molto suggestivo che raccoglie le spoglie di tanti soldati stranieri che morirono per liberare l’Italia (e la nostra terra) dall’oppressione fascista e nazista:
Tra la fine d’agosto e l’inizio di settembre 1944, l’offensiva anglo-americana contro le truppe di occupazione tedesche portava la guerra nel cuore della Romagna.
Il 21 settembre viene liberata dalle truppe tedesche Rimini, poi gli Alleati avanzano lungo le colline e la via Emilia.
E’ un’avanzata lenta, ostacolata dalla resistenza nemica, favorita anche dalle cattive condizioni meteorologiche.
Per fare un esempio, la vicina Longiano viene liberata il 10 ottobre e solo dopo intensi bombardamenti e furiosi combattimenti a terra, il 19 ottobre gli inglesi della 46a divisione britannica di fanteria occupano l’Abbazia del Monte mentre la 1a divisione canadese procede da sud lungo la via Emilia. Il grosso delle truppe tedesche abbandona il centro di Cesena nella notte tra il 19 e il 20 ottobre ma ancora qualche mezzo corazzato resta in città mentre le truppe canadesi entrano da Porta Santi con i loro possenti carri armati che percorrono le vie del centro di fronte agli sguardi prima incerti, poi entusiasti dei Cesenati.
Anche i gruppi della Resistenza si sono attivati per partecipare alla liberazione di Cesena e una colonna di partigiani riesce ad entrare in città, al comando di Scevola Franciosi, un evento dal forte valore simbolico.
Quei quindici uomini che percorrono fieri le vie di Cesena con i fucili mitragliatori a tracolla non solo affermano la presenza e il valore della Resistenza ma portano a compimento il sacrificio dei partigiani morti per la libertà: i fucilati dello Sferisterio della Rocca, quelli di Ponte Ruffio, quelli di San Tommaso, Mario Guidazzi picchiato a morte in Corso Cavour, Giovanni Collina bruciato vivo a San Giorgio, Medri e Targhini fucilati in un campo a Gattolino, Barbieri e Barducci mitragliati contro un muro nelle campagne di Ronta e tanti altri…
In quel 20 ottobre, dunque, Cesena per alcune ore è divisa: da una parte i Tedeschi in ritirata ma ancora presenti da Porta Trova fino al Savio, dalla parte opposta gli Alleati che avanzano.
Fortunatamente non ci fu dentro la città uno scontro armato che sarebbe stato disastroso.
I Tedeschi si attestarono al di là del Savio, ingrossato dalle forti piogge, dopo aver fatto saltare la parte centrale del Ponte Vecchio, così come, nella pianura, prima di ritirarsi, avevano distrutto la torre di San Giorgio. In questo contesto si colloca la coraggiosa azione del soldato canadese Ernest Smith di cui parleremo nel prossimo post.
A Cesena, nel quartiere di Sant’Egidio, c’è un luogo che raccoglie le spoglie dei militari del Commonwealth morti nel nostro territorio, nella maggior parte tra il settembre e il novembre 1944. E’ conosciuto in tutto il modo e visitato persino da delegazioni Maori che vengono dalla lontana Nuova Zelanda per onorare i defunti con la loro tipica danza. Questo luogo così particolare è il Cimitero di Guerra (Cesena War Cemetery) in cui sono sepolti i corpi di 775 militari di terra, cielo e mare provenienti da Gran Bretagna (369), Canada (307), Nuova Zelanda (93), Africa (5) e India (1), in larga maggioranza caduti tra il settembre e il dicembre 1944, durante l’avanzata delle truppe alleate in Romagna.
Giovani uomini tra i diciannove e i quarantuno anni, vite spezzate troppo prematuramente.
Al Cimitero si giunge dal parcheggio di fronte ad Hera (via Altiero Spinelli), percorrendo una stradina ghiaiosa, tra la rete del deposito ecologico e quella di un impianto sportivo.
Si arriva di fronte all’ingresso costituito da muretti di mattoni e da un basso cancello in ferro battuto, tra due colonne sormontate da anfore in marmo.
Su ciascuna anfora un numero: 1939 e 1945, l’inizio e la fine della terribile carneficina, sui muretti laterali la scritta CESENA WAR CEMETERY. Si attraversa poi un tappeto d’erba fino ad una bassa costruzione sovrastata da un timpano triangolare, un piccolo tempio in stile neoclassico all’interno del quale, in un tabernacolo, è possibile consultare il registro con l’elenco dei caduti e il libro dei visitatori, molti dei quali arrivano, singolarmente o in gruppo, dai paesi d’origine dei soldati sepolti.
Una lapide ricorda, in italiano e inglese, che “il suolo di questo cimitero è stato donato dal popolo italiano per l’eterno riposo dei marinai, soldati, aviatori alla cui memoria qui è reso onore”.
Dallo spazio antistante la cappella si accede al vasto prato su cui sono allineate lunghe file di bianche lapidi, distinte in otto settori.
Le lapidi, in pietra centinata, riportano il nome del caduto, la nazionalità, il grado, le date di nascita e morte e, in molti casi, nella parte inferiore, possiamo leggere espressioni d’amore da parte dei famigliari: EVER REMEMBERED (sempre ricordato) o BELOVED SON (amato figlio) oppure BELOVED HUSBAND (amato marito).
Ed anche belle frasi come quella sulla lapide del caporale canadese W.G.Johnson, morto a 23 anni, il 26 settembre 1944: IN THE GARDEN OF MEMORY WE MEET EVERY DAY (Nel giardino della memoria ci incontriamo ogni giorno) oppure dell’artigliere inglese H. Wilmington, morto a 41 anni, il 2 febbraio 1945: AT THE GOING DOWN OF THE SUN AND IN THE MORNING I WILL REMEMBER LOVE ANNE (Al tramonto del sole e al mattino ti ricorderò Amore Anna).
In altre sono scolpite parole che richiamano le ragioni ideali della guerra contro il nazi-fascismo, come sulla lapide del soldato canadese R.M.Sprague, morto a 24 anni, il 24 settembre 1944: HE DIED FOR ME HE DIED FOR YOU HE DIED FOR MAKE OUR COUNTRY FREE (Egli è morto per me, egli è morto per te, egli è morto per rendere libero il nostro paese) oppure sulla lapide dell’artigliere canadese M. Kudrych, anche lui morto il 24 settembre 1944, a soli 23 anni: HE IS NON DEAD WHO GAVE HIS LIFE TO MAKE THE WORLD A BETTER PLACE (Non è morto chi ha dato la vita per far sì che il mondo sia un luogo migliore).
Le lapidi hanno tutte le stesse dimensioni, senza differenze di gerarchia militare e sono intervallate da piante e fiori, soprattutto rose rosse.
Al centro del prato si trova una grande Croce in marmo bianco che ha, sulla trave verticale, una spada in bronzo.
Tutt’intorno, una siepe (ora in fase di crescita) e una cortina di grandi magnolie.
C’erano anche alcuni enormi e bellissimi pioppi, recentemente abbattuti perché ammalati e sostituiti da giovani alberi.
In quel luogo, suggestivo in ogni ora e in ogni stagione, regna il silenzio, i rumori si affievoliscono, anche le grida di chi gioca a calcio o rugby nei campi vicini arrivano attenuate.
Sembra che l’unica voce sia quella che viene dalle tombe, un messaggio che ci invita a riflettere sull’assurda crudeltà della guerra, un messaggio purtroppo sempre attuale e sempre troppo poco ascoltato.
ottimo servizio, come comprensibile, dato l’ottimo autore !
Bellissimo articolo, complimenti! È vero che Cesena veniva bombardata anche dal mare? Da quali navi?