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La prima fortezza di Cesena di epoca tardo-antica e altomedievale, citata dalle fonti per la prima volta nel 565 era chiamata Rocca Antica, e si trovava più a monte rispetto all’attuale posizione della rocca. Non è certo dove sorgesse con precisione, ma si può supporre che essa si trovasse sul colle Beccavento (sopra via Diavolessa) oppure sullo stesso sito che in seguito sarà occupato dalla seconda fortezza: la rocca pre-malatestiana.

Tale edificio è documentato come rocca Vecchia per la prima volta nel 1294, ma la sua edificazione risale all`VIII-IX secolo. In quel periodo il colle Garampo fu suddiviso in due recinti fortificati, denominati in seguito castrum vetus e castrum novum. Il castro Vecchio si dislocava lungo il versante settentrionale del colle Garampo, fino all’odierno Viale Iacopo Mazzoni, mentre sul versante orientale si trovava un borgo della città circondato da mura. Il castro Nuovo, invece, occupava la parte più alta del colle. Questa suddivisione è documentata fino al 1320, anno in cui il Garampo era densamente abitato.

Le posizioni delle tre fortezze di Cesena nel corso dei secoli. Disegno di G.A. Sirotti

La rocca Vecchia fu eretta nella parte più alta del castro Nuovo e fu protagonista delle principali vicende politico-militari cesenati almeno fino alla seconda metà del XIV secolo.

Nel corso degli anni subì diverse demolizioni e ricostruzioni: nel 1177 Federico Barbarossa la scelse come sede temporanea dopo la sconfitta di Legnano e la munì di una torre; nel 1241 vi soggiornò Federico II di Svevia, che promosse lavori d’abbattimento e ampliamento per migliorarne la capacità di difesa; lo stesso fecero il legato pontificio Ottaviano degli Ubaldini nel 1248 e il podestà Malatestino nel 1294; nel 1347, infine, il legato pontificio Bertrando del Poggetto seguì nuovi lavori di ricostruzione della rocca finanziati da papa Giovanni XXII.

Al tempo della signoria del forlivese Francesco Ordelaffi su Cesena (1334-1357) la rocca Vecchia fu annessa ad una nuova cittadella fortificata, detta Murata, che comprendeva tutta l’area del castro Nuovo, parte del castro Vecchio e il borgo situato sul versante orientale del colle Garampo e corrispondeva così all’area oggi compresa fra la Via Pescheria, il Palazzo Comunale e la superficie occupata dai resti della rocca Vecchia e dalla rocca Nuova.

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La Rocca Vecchia. Disegno di A. Dal Muto

Vi si accedeva da tre porte: una era porta Montanara, ora inglobata nel paramento murario dello sferisterio; un’altra si trovava in corrispondenza dell’arco che oggi consente il collegamento da Piazza del Popolo a Via Malatesta Novello, con la bella scalinata di Matteo Nuti; la terza porta sorgeva dove adesso si trova Via Fattiboni. Nel 1357 la Murata e la rocca Vecchia furono testimoni della fiera e disperata resistenza opposta da Marzia degli Ubaldini (meglio nota come Cia), moglie di Francesco Ordelaffi, al cardinale Egidio Albornoz, legato pontificio incaricato da Innocenzo IV di recuperare alla Chiesa le terre dello Stato Pontificio. Cia si apprestò alla difesa della città riti-randosi nella Murata ma, stretta in assedio dall’Albornoz, fu costretta a rinchiudersi con i suoi soldati nella rocca. L’abbattimento della torre settentrionale e il crollo parziale della mura del fortilizio resero tuttavia vano anche quest’ultimo, estremo tentativo di difesa e Cia dovette arrendersi.

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Le antiche porte in un disegno di A. Dal Muto.

Tra il 1359 e il 1362 il cardinale Albornoz si occupò del ripristino della rocca e fece erigere il Palazzo del Governatore, detto palatium novus, che affiancò il Palazzo Pubblico, detto palatium vetus. In questo modo all’interno della Murata vennero a trovarsi tutti gli elementi tipici della civitas comunale: la rocca, la piazza, la cattedrale, intitolata a San Giovanni Battista, e le sedi dell’autorità pubblica e pontificia. Vent’anni dopo la vicenda di Cia degli Ubaldini si consumò uno degli eventi più tragici della storia di Cesena: a partire dalla notte del 3 febbraio 1377, per tre notti e tre giorni, le milizie mercenarie bretoni al seguito del cardinale Roberto da Ginevra, insieme con quelle inglesi guidate da John Hawkwood, mettono a sacco la città e la riducono a un mucchio di rovine fumanti, costringendo i superstiti a rifugiarsi a Rimini e a Cervia. Il Sacco dei Bretoni non risparmiò la rocca Vecchia, che fu gravemente danneggiata, tanto che nel giro di qualche decennio essa si rivelerà ormai inservibile e si darà inizio all’edificazione di una nuova fortezza, la terza, che sarà denominata rocca Nuova, per la cui realizzazione saranno impiegati circa cent’anni. In questo lasso di tempo la rocca Vecchia mantenne in parte la sua funzione difensiva, fu utilizzata come deposito di masserizie e armamenti, infine fu in parte demolita per trarne materiale da costruzione da utilizzare nella fabbrica del nuovo fortilizio.

Porta Montanara fine '800

I resti della Rocca Vecchia alla fine dell’800

Una volta ultimata la rocca Nuova, iniziò l’inesorabile declino della rocca Vecchia che fu prima definitivamente abbandonata, poi abbassata, per consentire alla nuova fortezza una migliore azione difensiva sul territorio antistante, infine in gran parte distrutta per la costruzione di nuovi edifici: agli inizi del Seicento, infatti, fu sventrata per aprirvi la Porta Nuova e sulle sue rovine, nel 1625, furono edificati la chiesa e il convento dell’Ordine dei Minimi di San Francesco di Paola, ampliato poi nel 1710. Soppresso nel 1804, il complesso conventuale fu demolito nel 1807 e sul sito, nella prima metà del XX secolo, fu costruita un’abitazione privata in stile neogotico. Con i materiali di recupero provenienti dalla chiesa e dal convento dei Paolotti, nel 1818, fu sopraelevato l’antico muro di collegamento tra rocca Vecchia e rocca Nuova e fu così creato lo sferisterio, il campo per il gioco della palla al bracciale.

Attraverso la documentazione dei lavori effettuati nel corso dei secoli XIV e XVI per l’edificazione della rocca Nuova è possibile ricostruire parzialmente l’organizzazione di questo antico fortilizio. La rocca Vecchia presentava una pianta pentagonale era munita di merli e di diversi torrioni, quello del Castellano, quello del Campanile e la torre dell’Imperatore, tutti dotati di guardiole poste sulla loro sommità, così come un manufatto detto del Pecorone. Sappiamo, inoltre, che era dotata di tre porte “false” e che al suo inter-no si trovavano un palazzo e numerosi ambienti destinati a funzioni diverse: la stanza e le case per i soldati, la camera del castellano e quella del suo scudiero, la prigione nella torre maestra, la stalla con sopra la cucina, la taverna, la cantina, la dispensa, il pozzo, il granaio, il mulino, il deposito per la farina e il forno.

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L’originaria collocazione dei ruderi sopravvissuti

Della rocca Vecchia oggi sopravvivono pochi ruderi, in cattivo stato di conservazione. A ovest, tra ciò che rimane della torre dell’Imperatore, quadrangolare, e l’odierna Porta Montanara, si sono conservati un torrione circolare e parte delle strutture del camminamento di ronda sopraelevato. In questo tratto i resti più interessanti sono le due arcate a tutto sesto dette “occhi della civetta” a causa della loro forma. A est, invece, si trova ancora l’intero tracciato delle mura, con il torrione quadrangolare d’angolo incorporato nell’edificio che ha sostituito il convento dei Paolotti.

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Villa Valeria, l’edificio costruito sui resti del convento dei Paolotti. Sulla sinistra il torrione quadrangolare d’angolo della Rocca Vecchia – Fotografia archivio Zangheri –

Tratto da:

M. ORIOLI  La Rocca Malatestiana di Cesena, ed. P. Vecchio, Cesena 2013

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5 Commenti

  1. Mirko 25 Maggio 2017

    Grazie per aver usato il mio testo. Ne sono orgoglioso.

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    1. cesenadiunavolta 5 Giugno 2017

      Grazie a te Mirko per lo splendido testo.

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  2. antonio dal muto 26 Maggio 2017

    Nell’illustrazione che mostra le varie rocche – dall’arce romana alla rocca malatestiana – occorre sottolineare che probabilmente l’arce romana non era così a monte del Colle Garampo, risultando, nell’illustrazione, quasi coincidente con il sito del convento dei Cappuccini. Sicuramente era più in basso e, nello specifico, situata laddove c’è la conformazione orografica “a sella” del colle. Questa conformazione non è naturale ma risale all’anno 1000, quando il Savio, in una delle sue variazioni di percorso, s’addossò al colle, causando il crollo dello stesso e… del nucleo originale romano o per lo meno di quello che ne restava.

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  3. antonio dal muto 6 Giugno 2017

    A proposito della Rocca vecchia e della torre dell’Imperatore, quest’ultima raffigurata nel secondo disegno a scendere, ci dà notizie Giuliano Fantaguzzi nel suo CAOS, una raccolta di notizie di eventi locali e non a cavallo del XV secolo e del XVI secolo. Egli scrive: ” Al dì 10 de genaro ( anno 1502) la rocha vechia de Cesena e la tore de lo imperatore fo getata a terra tutte” Questo a testimonianza che il vecchio manufatto con l’altrettanta vecchia torre vennero demoliti per ordine del Duca Valentino Borgia che a quell’epoca risiedeva nella rocca nuova.

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  4. Gilberto Bertozzi 3 Marzo 2021

    Mirko Orioli, le stampe ottocentesche riprodotte nel tuo libro a pag.16 e 18, sono di Lodovico Pogliaghi .
    In basso a destra sono firmate con una P maiuscola.

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