Buon giorno amiche e amici! Continuiamo a resistere! Oggi Vi presento una figura femminile fuori del comune che (probabilmente) ha voluto lasciare una traccia del suo breve soggiorno a Cesena e proprio nel cuore culturale della nostra città:
Autografo rinvenuto in Biblioteca e la firma originale
Lucretia b
Nove lettere, incise in elegante corsivo sul davanzale di una finestra sulla parete sinistra della Biblioteca Malatestiana, suggeriscono un’ipotesi intrigante, che si tratti dell’autografo di Lucrezia Borgia che avrebbe lasciato memoria di sé in quello splendido ambiente.
Lo credeva Manlio Dazzi, direttore della Malatestiana dal 1921 al 1926 e scopritore del graffito. Potrebbero confermarlo esami calligrafici in atto.
Lucrezia (che vediamo qui in un ritratto di Bartolomeo Veneto) si fermò a Cesena nel viaggio che la portava da Roma a Ferrara dove andava a raggiungere il marito duca Alfonso d’Este, sposato poco tempo prima per procura.
Fu davvero un anno straordinario per Cesena il 1502, allorché per un (purtroppo) breve tempo fu la capitale del principato che Cesare Borgia, il Duca Valentino (che vediamo qui in un ritratto di Altobello Melone), stava costruendo in Romagna con l’appoggio del padre, papa Alessandro VI. In quell’anno Cesena accolse eccezionali personaggi come Cesare Borgia, Leonardo da Vinci, Niccolò Machiavelli, Francesco Arcano e, appunto, Lucrezia.
Nel Caos di Giuliano Fantaguzzi si legge che Lucrezia arrivò in città negli ultimi giorni del gennaio 1502.
Viaggiava su un grande carro trainato da enormi cavalli ed era accompagnata da nobili dame, tra cui la Duchessa d’Urbino e un’ampia scorta di cavalieri. Ramirro de Lorca, che aveva conquistato Cesena con metodi di disumana violenza e la governava per conto di Cesare, preparò un’accoglienza regale, mandandole incontro 100 bambini vestiti con i colori dei Borgia (giallo, verde e rosso) e con rami d’ulivo, al grido di Duca! Duca!. Fantaguzzi scrive anche che Ramirro homo iniquo, falso e maleditto fece certe cose contro a l’onore de madonna Lucrezia, un’annotazione misteriosa ed intrigante.
Alla fine di quello stesso anno 1502, il Duca Valentino fece arrestare il suo luogotenente con l’accusa di tradimento e corruzione e lo fece tagliare a pezzi, esponendo il corpo, con un coltellaccio insanguinato accanto, sull’attuale piazza del Popolo, la mattina del giorno di Santo Stefano del 1502.
Così descrisse la scena Machiavelli nel suo rapporto da Cesena alla magistratura fiorentina dei Dieci, il 26 dicembre 1502: Messer Rimirro questa mattina è stato trovato in dua pezzi in su la piazza, dove è ancora; […] non si sa bene la cagione della sua morte, se non che li è piaciuto così al Principe, el quale mostra di sapere fare e disfare li uomini ad sua posta.
Con questa terribile esibizione, l’astuto e spregiudicato Borgia sapeva di guadagnare il plauso dei Cesenati che odiavano Ramirro.
Forse anche l’oltraggio fatto a Lucrezia non fu estraneo alla macabra esecuzione.
Per Lucrezia, Cesena non fu solo una sosta tra Roma e Ferrara ma costituì uno spartiacque nella sua breve (aveva appena 22 anni) ma complicata esistenza. A Roma era vissuta tra intrighi e corruzione, due matrimoni, vari amanti, figli e aborti, tant’è che è ricordata comunemente come esempio di depravazione e lussuria. Una fama che non le fa onore e non tiene conto del suo integerrimo comportamento a Ferrara, una delle corti più splendide del Rinascimento, dove fu modello di equilibrio, saggezza e generosità.
La bellezza e l’intelligenza di Lucrezia vennero celebrate da scrittori come Pietro Bembo e Lodovico Ariosto. Negli ultimi anni Lucrezia si dedicò ad opere di carità, tra cui la fondazione del Monte di Pietà. Dopo aver partorito la figlia Isabella Maria venne colta da febbri puerperali e morì, a soli 39 anni, il 24 giugno 1519.
Venne sepolta nel monastero del Corpus Domini di Ferrara, vestita dell’abito di terziaria francescana.
Se quelle nove lettere sono davvero la firma di Lucrezia Borgia rappresentano una testimonianza affascinante del passaggio nella nostra città di quella donna straordinaria.