di Roberto Mercadini
Cosa ha visto il mondo quando ha rivolto lo sguardo verso Lucrezia Borgia?
La litania degli improperi è nota fino alla noia. La sintetizzo unicamente per la mia idiosincrasia alle ellissi e alle cose date per scontate.
Dunque, nei secoli la si disse: avvelenatrice, sanguinaria, lussurriosa, perversa, sfrenata, amante di suo padre (un papa) nonché dei suoi fratelli, la più gran puttana che fosse in Roma (Giuliano Priuli), libertina per fantasia, empia per temperamento, ambiziosa per calcolo (Alexandre Dumas), demone femmina insediato sul trono vaticano, spagnola col mal francese, venere venerea, silfide sifilitica, ninfa con la pelle pallida e l’anima più nera dell’Inferno.
Si è cantato, narrato, delirato di lei in molteplici modi.
Le sono stati dedicati un dramma da Victor Hugo e una canzone dal gruppo trash metal Megadeth. Fa la sua apparizione in romanzi, in videogiochi e persino in un romanzo tratto da un videogioco (Assassin’s Creed: Fratellanza di tal Oliver Bowden, romanzo basato sul videogame Assassin’s Creed: Brotherhood). È ritratta in una dozzina di film e in molti quadri.
Ecco, i quadri.
L’immagine in assoluto più nota di lei è un dipinto di Bartolomeo Veneto. Levigata, uno trionfo di ricci biondissimi, un gioiello al collo e un diadema in fronte, il seno sinistro disinvoltamente scoperto. Il volto, di tre quarti, rivolge all’osservatore uno sguardo obliquo e pericoloso; mezzo di malizia e mezzo di sfida. Con la mano destra sembra porgere a chi la guarda un piccolo mazzo di fiori (“È per me?” viene da chiederle, un poco straniti). Il dipinto rappresenta, pare, la dea Flora. Calza a pennello con l’idea di Lucrezia che ci si fa dando ascolto alle leggende: una dea pagana, una ninfa dissoluta. Ma che abbia le sembianze di Lucrezia Borgia è pura ipotesi, la congettura indimostrabile di alcuni studiosi.
C’è, invece, un altro quadro che molto più probabilmente è il suo ritratto. L’ha dipinto Dosso Dossi (per lo meno, questa è l’attribuzione più accreditata). Qui l’immagine di Lucrezia è a distanze siderali da ogni luogo comune, leggenda e pettegolezzo (dramma di Hugo e canzone dei Megadeth compresi). Capelli chiari (ma non biondi) corti e ordinatamente raccolti. Il viso imbronciato, lo sguardo un po’ spento, nessun gioiello, nessuna traccia di cosmesi, un camicione bianco castamente allaciato fino al collo, e, sopra il camicione, un pesante, ingombrante vestito, nero. Il grado zero della seduzione. Anzi, le sue mani si stringono attorno ad un pomo: è l’elsa di una spada, o il manico di un pugnale. Come a dire: “non ti azzardare”.
Questa distanza, questa distonia, questo non coincidere di due persone che dovrebbero essere la stessa mi impressiona profondamente. Anzi, per me, è persino più inquietante di tante logore, malcerte dicerie.
Qual è la vera Lucrezia, fra le due? Cosa sappiamo di lei sul serio? Cosa abbiamo visto davvero?
Non c’è risposta.
Ma è possibile pensare a due immagini più lontatane associate allo stesso nome?
Sì, è possibile.
Due immagini che vengono entrambe da Cesena.
Immagine 1.
8 Gennaio 1502. Lucrezia ha ventun’anni. Parte da Roma per raggiungere a Ferrara Alfonso d’Este e fare di lui il suo terzo marito (il primo matrimonio è stato annullato dal padre (essendo egli Papa, come si è detto, ha potuto farlo), il secondo marito è stato ucciso da un sicario (pare per ordine del fratello di Lucrezia, Cesare Borgia).
Il 24 Gennaio la fanciulla fa tappa a Cesena, città dove domina Cesare, duca di Romagna. Il corteo descritto dai cronisti sembra una visione di sogno: Lucrezia viaggia su una carrozza chiusa trainata da due cavalli, lussuosa come una camera e foderata di cremisi. È scortata da un’armata di mille cavalieri. Mille cavalieri: non una semplice scorta, ma un intero battaglione.
Immagino il luccicare delle armature da parata, il frastuono degli zoccoli, i cavalli bardati: un’esibizione lussureggiante di eleganza e di forza. Dietro di essi, con minore eleganza, ma con forza non trascurabile, 150 muli trasportano il peso di immani quantità d’oro, argento, gioielli, vestiti.
Quando Lucrezia entra in città, fra il fragore delle campane e dei colpi di cannone, le corrono incontro 100 bambini vestiti di giallo e di porpora (i colori araldici dei Borgia), ciascuno con un ramo d’ulivo in mano. È arrivata una regina, se non una dea.
Immagine 2.
Oggi, dentro l’Aula del Nuti, la parte più antica della Biblioteca Malatestiana, l’unica che esistesse allora, sul davanzale di una finestra, possiamo leggere un nome inciso a mano “Lucretia B”.
Un nome inciso su un muro: il gesto di un’adolescente qualsiasi. Un nome inciso nel silenzio della Biblioteca, forse di nascosto. Le perizie calligrafiche paiono confermarlo: quel nome è il suo, l’ha inciso lei, Lucrezia Borgia. L’ha inciso proprio durante quel soggiorno, visto che a Cesena non tornerà mai più.
(È la scritta, per intenderci, che oltre 400 anni dopo Manlio Torquato Dazzi mostrerà ad Ezra Pound; e di cui Ezra Pound parlerà nel canto LXXIV del suo poema, quando scrive: “È venuta madame Lucrezia / e dietro la porta a Cesena / ci sono, o per lo meno c’erano ancora, le iniziali”).
Dunque chi è arrivato a Cesena, una dea scortata da mille cavalieri armati o una ragazzina che imbratta i muri con il suo nome (come se temesse di essere dimenticata)?
Tocca rassegnarsi ad un fatto: sono la stessa persona.
E forse, semplicemente, è sempre e per sempre assurdo l’esercizio di voler ridurre una qualsiasi persona ad una sintesi. Impossibile fissare in una maschera le infinite, cangianti, inafferrabili espressioni di un vero volto. Perché ognuno di noi non assomiglia ad un solo personaggio, ad una sola maschera, ma ad un intero, intricato dramma. Ogni persona non porta in scena un solo ruolo, una parte, ma il dispiegarsi di un affollato, abbagliante, spettacolo.
Tratto da :
R: MERCADINI, I Misteri di Cesena, edizione “Il Ponte Vecchio” Cesena 2016
Mia nonna, quando ero piccola, per darmi della bisbetica mi chiamava Lucrezia Borgia.
Essendo andata a scuola fino alla terza elementare, dubito che sapesse chi fosse.. mi chiedo se sia un modo di dire diffuso città, qualcun altro lo ricorda?