Buona domenica care amiche e amici di questa Rubrica su Cesena! Oggi Vi presento un Santo, una Chiesa ed un luogo particolari:
Ci sono nella estrema periferia di Cesena, l’una in prossimità delle prime colline, l’altra sulla strada che porta al mare, due Chiese appartate (ma entrambe molto vive per frequenza e iniziative dovute anche all’impegno dei rispettivi parroci), che non hanno la visibilità delle Chiese del centro né la loro storia o bellezza antica, eppure sono degne di essere conosciute perché entrambe, in modi diversi, conservano interessanti patrimoni artistici e memoria di storie e tradizioni antiche.
La prima delle due Chiese di cui parliamo si trova a Ponte Abbadesse ed è dedicata a San Giovanni Bono, una figura meno nota a Cesena di quanto meriterebbe dal momento che è stato il Santo che, per lungo tempo, ha eletto il nostro territorio per sua dimora e manifestazione della sua Fede.
Giovanni Bono fu pressochè contemporaneo di San Francesco e visse in quel periodo fervido di tensione verso una religione vissuta poveramente, in preghiera e predicazione, come testimonianza della vita di Gesù. Nato a Mantova verso il 1168, presto orfano di padre, a circa 16 anni iniziò una vita errabonda, girovagando come giullare per le varie regioni d’Italia. Ammalatosi gravemente, fece voto che, se fosse guarito, avrebbe abbandonato la vita dissipata e dissoluta condotta fino ad allora per fare penitenza dei suoi peccati. Recuperata la salute, non venne meno alla sua promessa e, (chissà per quali vie della Provvidenza?!) si stabilì come solitario eremita prima vicino a Bertinoro per poi trasferirsi, nel 1209, in altro luogo appartato, nella valle del Butriolo, trovando rifugio in una grotta vicino ad una sorgente (che ancora rimane).
Qui visse un’esperienza esemplare di preghiera e devozione tanto che il fascino della sua figura attirò numerosi discepoli che costituirono una piccola comunità a cui papa Innocenzo IV assegnò la regola di Sant’Agostino fondata sulla venerazione di Maria.
Leggiamo nella scheda di Luigi Canetti per il Dizionario Biografico degli Italiani: “Intorno al 1211, morta la madre e lasciata la città natale, si ritirò in Romagna a far vita da penitente: dopo una prima sosta a Bertinoro si rifugiò in un luogo ancor più isolato, presso Butriolo, circa due miglia a sud di Cesena, nella valle del torrente Cesuola. Qui, come avrebbero notato con insistenza decine di testimoni al processo di canonizzazione, G. si dedicò a una severa ascesi contemplativa e penitenziale (digiuni, astinenze, mortificazioni corporali, lacrime di compunzione) e alla continua recita delle poche preghiere che aveva imparato a memoria (era infatti un illitteratus).
Ben presto la fama di santità, procuratagli dalla sua aspra disciplina ascetica e la voce dei primi miracoli compiuti per sua intercessione richiamarono intorno al suo eremo e alla sua persona una folla crescente di fedeli e di curiosi di ogni ceto e condizione sociale, bramosi di vederlo, toccarlo e ascoltarne la vivente testimonianza di perfezione cristiana.” Nei primi giorni di ottobre dell’anno 1249, sentendo prossima la fine, Giovanni decise di tornare a Mantova dove morì il 16 dello stesso mese. E a Mantova il suo corpo è conservato nella Cattedrale. Gli sono attribuiti vari miracoli, in seguito ai quali venne proclamato Beato nel 1483 da papa Sisto IV. Dopo la sua morte, i seguaci (cosiddetti Giamboniti) si trasferirono in città e diedero origine al convento e alla Chiesa di Sant’Agostino che, con varie trasformazioni subite nel corso dei secoli, restano tutt’ora come una delle più importanti di Cesena. Non solo in questo territorio si diffusero i Giamboniti. A Bologna, ad esempio, fondarono la Chiesa di San Giacomo Maggiore, su via Zamboni, all’esterno della quale troviamo una statua in bronzo del Santo in un singolare gesto di perplessità o di silenzio.
Nel 1797 l’eremo e la chiesa da lui fondati nella valle del Butriolo andarono distrutti. L’attuale Chiesa di San Giovanni Bono venne costruita in via Falconara 64 su progetto dell’architetto Loris Barbieri e inaugurata nel 1964. Al suo interno, in una teca collocata sulla parete sinistra, sono conservati reliquari che contengono piccole parti del cappuccio, dell’abito e della cintura del Santo.
Numerose sono le immagini sacre, affrescate o su tela o sculture, che abbelliscono la Chiesa. All’esterno, sulla facciata, si trova un grande affresco che rappresenta il Santo vestito di saio con due discepoli, ai lati dell’ingresso due statue, un Cristo morto da un lato e una Resurrezione dall’altro. Anche le pareti interne sono decorate da numerosi affreschi e dipinti che rendono l’insieme gradevole e interessante. Sulla parete dell’abside possiamo vedere un ampio affresco con l’“Ultima Cena”, una “Crocifissione” e, alle pareti laterali, due vivaci affreschi con l’”Annunciazione” su un lato ed un “Presepe” sull’altro.
Sono opera del pittore lombardo Bruno Arturo Bonassoli (1922-2015) a cui si devono anche un quadro (1994) appeso sulla parete di sinistra che raffigura “San Giovanni Bono attorniato da fedeli” ed una grande tela collocata all’interno della parete d’ingresso con l’immagine della “Vergine della Speranza” (1984). Altro quadro degno di nota è quello che ritrae il “Ritorno del figliol prodigo” firmato “Maraldi” e datato 2000, in occasione del Giubileo. Il quadro più antico è collocato sulla parete destra e rappresenta il Santo con sullo sfondo l’eremo, una impervia collina e, in primo piano, un teschio, simbolo di meditazione sulla fugacità della vita terrena.
Una scritta in latino, nella parte inferiore del quadro, ci informa sul suo eremitaggio in quella valle a partire dal 1209, all’età di 40 anni e mette in evidenza la sua scelta di vita eremitica, esempio di penitenza e devozione religiosa. Una identica tela si trova nei depositi della Pinacoteca di Cesena e nella scheda dell’Istituto Beni Culturali leggiamo che: “Nel 1816, in occasione della posa della prima pietra della cappella cimiteriale di Cesena (di cui S. Giovanni Bono è contitolare insieme a S. Nicola da Tolentino), vennero commissionati due dipinti. Uno di questi, raffigurante il santo e l’eremo, oggi si trova nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Bono”.
L’attuale Chiesa non si trova nel luogo dove il Santo visse che è più lontano dalla città, verso le colline, in località Rio Eremo che deve il nome, appunto, alla presenza di San Giovanni Bono. Per giungervi (venendo dalla città) si deve proseguire fino ad un Circolo A.R.C.I. collocato sulla destra e percorrere una stradina che si trova di fronte, sull’altro lato della strada. Dopo circa un km. si entra in una proprietà privata (ma il proprietario accoglie volentieri i visitatori) dove troviamo la fonte di San Giovanni Bono, sopra la quale, in una nicchia riparata da un vetro, è collocata la statua che lo raffigura. Il contesto è quello di una corte di campagna piuttosto disordinata ma il luogo mantiene una certa suggestione, soprattutto se riusciamo a immaginare come doveva essere otto secoli fa: una grotta lontana dalla città, in uno scenario incolto e solitario. Un luogo che merita una maggiore conoscenza e attenzione da parte dei Cesenati.
Articolo interessantissimo. Complimenti e grazie per averci fatto conoscere una così bella e vera storia.