Buona domenica care amiche e amici di questa Rubrica su storia, cultura e arte di Cesena!
Siamo al post n.70, un numero a cui non avevo pensato di arrivare quando, il 17 marzo scorso, ho iniziato a scrivere questa Rubrica. Oramai i miei argomenti stanno per esaurirsi. Così purtroppo non avviene per la pandemia che, al contrario, è ancora molto diffusa e letale. Ho in mente di arrivare agli 80 post, terminando all’inizio del nuovo anno 2021 che speriamo sia nettamente migliore di questo 2020, nefastamente straordinario, palindromo e bisestile insieme!
Nel frattempo vorrei Vi propongo: Scene di povertà nella pittura cesenate del ‘900.
Povertà: un tema purtroppo sempre più attuale in questo periodo di crisi in cui la condizione di molti è gravemente peggiorata, anche a causa della pandemia.
Tre quadri di artisti cesenati del secolo scorso, conservati nella sezione moderna della Pinacoteca di Cesena, descrivono in modo efficace scene di miseria.
Il primo in ordine cronologico e, forse, il più suggestivo si intitola “Il pranzo dei poveri”, opera del pittore Alessandro Bagioli (1879-1965).
Raffigura una umile stanza dove uomini e donne vestiti miseramente stanno consumando un sobrio pasto da semplici gavette, attorno ad un rustico tavolaccio posto trasversalmente per conferire profondità alla scena.
La luce che viene da una finestra illumina, al centro della stanza, una donna seduta su una panca di legno mentre imbocca una bambina che tiene sulle ginocchia.
Intorno altri poveri, prevalentemente anziani, mangiano seduti, mentre un vecchio soldato è dignitosamente in piedi con addosso la consunta divisa, orgoglio di tempi passati.
Ciascuno sembra chiuso nella sua penosa condizione ma il forte realismo con cui i personaggi sono raffigurati è accompagnato da un senso di tenerezza, come se il pittore volesse indurci a provare pietosa compartecipazione alla penosa condizione di quelle povere e fragili persone.
Alessandro Bagioli si dedicò con successo, oltre che alla pittura, anche alla realizzazione di scenografie, tra cui il nuovo sipario del Teatro Bonci e alla composizione di immagini pubblicitarie.
Come pittore predilesse le scene di vita popolare, scorci di Cesena e Cesenatico e paesaggi della campagna romagnola e del mare.
“Alla forza d’invenzione artistica resa evidente nella sua pittura unì un’amabilità singolare del carattere così pronto all’aiuto e schivo d’onori” possiamo leggere sulla sua tomba nel cimitero di Cesena.
Dimostra la sua generosità anche l’aiuto dato al giovane Eugenio Amadori (artista poliedrico a cui dedicherò uno dei prossimi post) per incoraggiarlo alla pittura.
Bagioli gli regalò la sua prima cassetta di colori ad olio, come vediamo scritto a margine dell’affettuosa caricatura che lo stesso Amadori gli dedicò per riconoscenza, definendolo il “padre” che gli ha dato forza.
Se la scena di povertà ritratta da Bagioli si svolge in un interno, un’altra tela di Giordano Severi ci mostra una scena all’aria aperta.
E’ intitolata “I barboni” e rappresenta tre uomini in piedi, al centro di una strada sterrata che sembrano intenti a godere della luce e del calore del sole, unico sollievo alle loro giornate grigie e difficili.
Vestono abiti sdruciti, lunghi tabarri scuri, vecchie scarpe e cappelli logorati dal tempo, sui volti barbe incolte.
Dietro di loro, un fondale di muri sbrecciati.
Il pentolino nella mano di uno di loro fa pensare che anche questi tre barboni stiano aspettando di poter accedere alla carità di un pasto.
La loro amara fissità è, tuttavia, trasfigurata dalla luce allegra del sole che li avvolge, come a trasmettere un senso di speranza.
Ci parla ancora della difficoltà di vivere per chi è in povertà la terza (anche cronologicamente) tela, opera di Alberto Sughi, datata 1955.
Si intitola “E.C.A. Rancio dei poveri” e appartiene al filone realisticamente impegnato dell’Artista.
Raffigura una fila di cinque uomini che, sulla strada, all’esterno dell’ente assistenziale, attendono la razione di cibo, come soldati che aspettano il rancio.
I lunghi cappotti e le scarpe pesanti suggeriscono un’ambientazione invernale.
I colori scuri, resi con ampie pennellate, trasmettono un senso di tristezza.
Eppure le figure sono erette e attendono con dignità il loro turno.
Uno di loro si appoggia al bastone quasi con fierezza.
Anche qui è evidente la partecipazione con cui il pittore rappresenta i personaggi.
Opere, dunque, che mostrano la sensibilità per i più poveri e l’impegno sociale dei tre artisti cesenati, la volontà di dare valore a soggetti umili e suscitare nell’animo dello spettatore un sentimento di partecipata solidarietà. Ieri come oggi.