14 marzo 1786 – 12 maggio 1850
Fu esponente di primo piano della Carboneria cesenate, nota col nome di Beozia, assieme ad Eduardo Fabbri. Protagonista in molte battaglie risorgimentali, combattute e per contrastare le iniziative repressive poste in atto dalla Gendarmeria Pontificia e a causa delle mancate riforme sociali che lo Stato Pontificio tardava o non voleva attuare. Subì il carcere duro, dal quale uscì molto provato, anche a causa delle torture subite. Tornato libero, preso dallo sconforto dagli insuccessi subiti, si suicidò. Visse un periodo storico che conobbe le speranze delle riforme napoleoniche al crollo delle stesse. Con il Congresso di Vienna ( 1814-1815 ) si arrivò a resturare le posizioni autoritarie e di regime che l’Europa aveva prima che Napoleone provocasse il noto sconquasso sociale e politico.
In seguito conobbe la disfatta del’armata dell’ex Colonnello napoleonico Giuseppe Sercognani che marciò verso Roma, durante i moti del 1830-31, dopo aver preso San Leo e Ancona, ma a Rieti fu sbaragliato dalle ruppe pontificie; cocente fu la delusione per la sconfitta, da parte degli Austriaci, a Celle, Rimini del Generale Zucchi; conobbe la delusione legata alla Battaglia del Monte, Cesena, del 20 gennaio del 1832, che ebbe protagonisti Emiliani e Romagnoli, ma che in una sola giornata di guerriglia si concluse a sfavore degli insorgenti. Insomma, Fattiboni conobbe solo le alternanze fatte di speranze e delusioni. Evidentemente queste ultime furono per lui così evidenti e concrete da spingerlo all’insano gesto.
Antonio Dal Muto